Dopo il voto di un mese fa in Virginia (dove ha vinto un conservatore che ha condotto la sua campagna senza interventi dell’ex presidente), molti repubblicani hanno cominciato a considerare la possibilità di un trumpismo senza Trump
Donald Trump continua ad alimentare l’aspettativa di una sua ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024. John Kelly, suo ex capo di gabinetto, si dice certo che, al dunque, si tirerà indietro: «Non può nemmeno concepire l’idea di poter passare alla storia come uno sconfitto». Ha convinto per una volta il suo popolo di essere stato truffato. La seconda sarebbe difficile anche per lui. Ma se tutti gli occhi sono puntati sulle mosse del personaggio, i meccanismi della politica americana stanno cambiando — col rischio di altri danni permanenti per la democrazia — a un livello che cattura meno l’attenzione del grande pubblico.
Dopo il voto di un mese fa in Virginia (dove ha vinto un conservatore che ha condotto la sua campagna senza interventi dell’ex presidente), molti repubblicani hanno cominciato a considerare la possibilità di un trumpismo senza Trump: linea dura, niente compromessi, tecniche di comunicazione spregiudicate e retorica sprezzante, come piace ai fan di The Donald, ma senza un suo ritorno alla Casa Bianca. Per questo in tanti, dal governatore della Florida Ron DeSantis a Chris Christie, azzardano mosse preparatorie di una discesa in campo sfidando le ire del gran capo. Oggi il partito repubblicano, quello che quasi certamente riconquisterà il controllo del Congresso tra 11 mesi, è una strana creatura politica. In apparenza è sotto il pieno controllo di Trump: fino a qualche tempo fa l’unica voce che lo contestava apertamente era quella di Liz Cheney che il partito del suo Stato, il Wyoming, ha cercato in tutti i modi di scomunicare. In realtà, però, molti parlamentari moderati tacciono per paura di rappresaglie politiche o, anche, di violenze fisiche: minacce ormai molto diffuse. Lo si è visto alla recente conferenza dei governatori repubblicani: festosi e compatti nelle note ufficiali, in realtà allarmati dagli attacchi di Trump a molti di loro e a molti parlamentari conservatori non sufficientemente allineati. Molti hanno già scelto di non ricandidarsi (ultimo, ieri, il governatore del Massachusetts Charlie Baker), mentre altri dovranno vedersela nelle primarie con un fedelissimo di Trump che cercherà di scalzarli. Per questo l’anno prossimo la vera battaglia politica a destra, assai più che nelle elezioni di mid term di novembre, si combatterà nelle primarie della primavera e dell’estate.