24 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Lucrezia Reiclin

È realistico prevedere che verrà chiesta più sorveglianza sulle politiche dei Paesi Ue

L’esito delle elezioni tedesche è una brutta notizia per l’Italia e per l’Europa. La perdita dei voti della Cdu di Angela Merkel e della Spd di Martin Schulz accompagnati dal rafforzamento della destra dell’AfD mostra chiaramente che la Germania si ribella sia all’apertura nei confronti dei migranti sia a un governo economico dell’euro in cui si preveda più condivisione del rischio tra Paesi.

Il nuovo patto per l’Europa tra Macron e Merkel di cui si è tanto parlato nei mesi scorsi — se andrà ancora in porto – sarà sicuramente un atto più formale che un punto di svolta. Questo è vero in particolare per la parte che riguarda la riforma del governo economico dell’euro. L’Italia deve stare molto attenta a come giocare le sue carte in questo nuovo quadro politico.

Nei mesi scorsi i leader di Francia e Germania si sono dichiarati favorevoli a un bilancio dell’eurozona, a un ministro delle Finanze europeo ed a un fondo monetario europeo. Dietro queste proposte apparentemente così ambiziose si cela tuttavia una differenza profonda di visione sul ruolo di queste istituzioni. Mentre la Francia pensa ad un bilancio europeo alimentato da entrate fiscali federali e da usare ai fini della stabilizzazione economica (un meccanismo di condivisione del rischio macroeconomico, quindi), la Germania ha in mente uno strumento più limitato da usare a supporto delle riforme strutturali.

Per quanto riguarda il fondo monetario europeo i punti di vista sono altrettanto differenti: il governo tedesco vuole rafforzare il meccanismo europeo di stabilizzazione (Esm) dandogli un maggiore potere di sorveglianza delle politiche nazionali mentre la Francia vorrebbe dotarlo di maggiori risorse finanziarie da usare per erogare liquidità in caso di crisi.

Queste differenze riflettono una diversità di cultura economica tra i due Paesi che vede la Germania sottolineare l’importanza delle regole e la disciplina di mercato, mentre la Francia pensa siano necessari strumenti per la gestione delle crisi e meccanismi per la condivisione del rischio.

Dopo le elezioni tedesche lo spazio per un compromesso si è ridotto drasticamente ed è realistico prevedere che la Germania — accettando il principio del fondo monetario europeo e del ministro delle Finanze federale — chiederà in cambio un rafforzamento delle regole, più sorveglianza sulle politiche degli Stati membri e più disciplina di mercato, per esempio proponendo che il prezzo dei titoli di stato sia in relazione al debito pubblico e la possibilità della ristrutturazione in caso di insolvenza mentre respingerà l’idea di un fondo di stabilizzazione del ciclo economico vedendo in questo il primo passo per un’unione in cui le risorse finanziarie vadano in una sola direzione, dai Paesi virtuosi al club-med.

Per l’Italia, che ha sia un’alta esposizione delle sue banche ai titoli di stato nazionali che un alto debito pubblico, passare a un sistema più vulnerabile al rischio di mercato senza prima attenuare queste due problemi, potrebbe crearsi una rinnovata instabilità. È essenziale seguire nei dettagli le trattative dei prossimi mesi e tenere gli occhi ben aperti. Il bilancio europeo così come il Fondo Monetario Europeo — nella forma in cui realisticamente si proporranno — non sono essenziali nè per noi nè per il futuro dell’euro. Anzi, potrebbero andare nella direzione sbagliata. Più importante è evitare che nuove regole finanziare e di trattamento del debito — anche se auspicabili in principio — non siano attuate senza un’adeguata attenzione ai costi della transizione ad un nuovo eventuale regime.

Inoltre non dobbiamo rinunciare a mantenere aperto il negoziato sul completamento dell’unione bancaria e sullo sviluppo dell’unione dei capitali. Questo vuol dire soprattutto migliorare le regole esistenti, rendendole più snelle e più chiare nel determinare la ripartizione di responsabilità tra livello nazionale e federale. Questo è lo spazio oggi: rafforzare le istituzioni che abbiamo costruito in risposta alla crisi — in particolare completando e migliorando il funzionamento dell’unione bancaria — sapendo che il punto debole della architettura economica dell’euro è la sua vulnerabilità alle crisi finanziarie più che la mancanza di meccanismi fiscali di condivisione del rischio.

Certamente la partita non finisce qui. Le elezioni tedesche spengono entusiasmi affrettati sulla possibilità di una nuova stagione di riforma dell’eurozona, ma è importante mantenere il dialogo aperto sapendo che i tempi per un unione economica europea saranno lunghi e possibili solo a condizione di una maggiore integrazione politica che li legittimi.

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