22 Gennaio 2025
Usa Europa

La critica avanzata dalla sinistraalla premier Giorgia Meloni è di farsi portavoce del presidente Usa Donald Trump. Nel mirino finisce anche Ursula von der Leyen

Le prime mosse sono difensive, e non poteva essere diversamente. E riguardano il sostegno all’Ucraina dopo l’invasione russa. Il timore che il nuovo presidente Usa Donald Trump riduca gli aiuti a Kiev ha spinto l’Ue a confermarli con forza. E in Italia lo ha fatto il governo di Giorgia Meloni, con l’appoggio del Pd di Elly Schlein e lo smarcamento sempre più vistoso di M5S e estrema sinistra, contrari all’invio di armi. Il tentativo è di prevenire una «corsa a Trump» dei singoli, spezzando una compattezza europea che in questi tre anni ha retto miracolosamente. Ma adesso l’unità strategica continentale rischia di essere intaccata e messa in forse su più fronti.
Non ci sono soltanto i complimenti sperticati della Lega alla nuova Amministrazione. In questo, il partito di Matteo Salvini si mostra coerente, per quanto superato dal rapporto che via Elon Musk la premier ha impostato con la nuova Casa Bianca. L’impressione è che per gli avversari di Palazzo Chigi, interni e esterni, l’Europa diventerà il punto di riferimento e la trincea da rivendicare e difendere in contrasto con il governo e la maggioranza. Additare da subito Trump come un nemico non riflette solo timori trasversali. Sembra dare per scontato che dai prossimi mesi non ci saranno margini di confronto e di mediazione con gli Stati Uniti, ma soltanto tensioni e dura competizione economica.
Ecco, allora, le critiche da sinistra alla Commissione di Ursula von der Leyen, accusata di non avere reagito ai primi discorsi del neopresidente, ostili all’Ue; e quelle di chi invoca una pace che asseconderebbe i piani russi. Von der Leyen ha avvertito che si è entrati «in una nuova era di competizione geostrategica», ma non è bastato. L’idea di cambiare «tabella di marcia» è apparsa inadeguata, rispetto a un’aggressività americana vistosa. E la sua sottolineatura dell’«amicizia» tra Usa e Ue è stata interpretata come segno di debolezza, anche se riflette una realtà che dura i da quasi ottant’anni, con benefici reciproci.
Ma negli attacchi a von der Leyen si scopre anche la volontà di raffigurare quasi di rimbalzo Meloni non come una potenziale mediatrice. Piuttosto, come portavoce del trumpismo. Quando la segretaria del Pd, Elly Schlein, chiede alla premier come mai sia stata invitata a Washington solo lei e non i vertici dell’Ue, evoca un’Internazionale di estrema destra nemica dell’Europa. E sembra riecheggiare le accuse a Meloni dell’ex presidente della Commissione e ex premier del centrosinistra, Romano Prodi, di essere apprezzata solo perché «ubbidiente»: prima a Joe Bidene ora a Trump. Questa asserita subalternità prefigura un orizzonte preoccupante: quello di un’Unione terreno di uno scontro strumentale tra europei.

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