19 Settembre 2024

Le nuove vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021 sono state 757: in più di un caso su 3 si tratta di minori, con una prevalenza di femmine rispetto ai maschi. Nelle province di Latina e Ragusa spesso i figli di braccianti già lavorano a 12 anni e risultano invisibili alle istituzioni

In Italia le nuove vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021 sono state 757, in più di un caso su tre (35%) si tratta di minori, con una prevalenza di femmine (168 casi) rispetto a maschi (96). Le vittime prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2022 sono state 850, di cui il 59% donne e l’1,6% minori. Il principale paese d’origine è la Nigeria (46,7%), seguito da Pakistan (8,5%), Marocco (6,8%), Brasile (4,5%) e Costa d’Avorio (3,3%). Tra le forme di sfruttamento prevalgono quelli di tipo sessuale (38%) e lavorativo (27,3%). Questi alcuni dati del rapporto “Piccoli schiavi invisibili” diffuso da Save the children.

Figli di braccianti già lavorano a 12 anni
Il rapporto accende un faro sulla condizione dei minori che vivono in alcuni territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo. Il filo rosso del percorso scolastico dei figli dei braccianti che lavorano nelle province di Latina e Ragusa si sfilaccia o si spezza a causa di un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. Si può trattare di un lavoro a tempo pieno o, più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo, o di un impegno che può iniziare già a 10 anni per “dare una mano” nel periodo di raccolta.
Nella provincia di Latina, ad esempio, più della metà degli operai agricoli censiti/regolari (13.000 su un totale di 20.000), sono di origine straniera, in prevalenza indiana, una proporzione che si rispecchia anche tra gli studenti di alcune scuole primarie nelle aree dove è stata svolta questa ricerca, Bella Farnia, Borgo Hermada, Borgo San Donato, Pontinia e Borgo Montenero, dove la metà circa è di origine straniera e la mancanza di un adeguato sostegno linguistico è un grave ostacolo per studenti, famiglie e insegnanti. Nello scorso anno scolastico, nell’area di Bella Farnia, ad esempio, la mediazione culturale in affiancamento ai docenti era un servizio comunale, ma si limitava a 8 ore al mese, troppo poco per bambine e bambini che non hanno né tempo pieno né doposcuola gratuito, e non possono essere accompagnati nello studio dai genitori, ostaggio del lavoro dall’alba a notte fonda per poter sopravvivere.
Nella Fascia Trasformata di Ragusa, dove le aziende agricole impiegano ufficialmente 28.274 lavoratori di cui poco più di 15.000 italiani e 12.653 di origine straniera, romena e tunisina in particolare, l’esclusione sociale si radica dalla nascita. Ad esempio, nella zona tra Acate e Ispida, quando entrambi i genitori lavorano, l’assenza di asili e scuole dell’infanzia di prossimità, unita alla mancanza dei mezzi per raggiungere quelle del paese più vicino, costringono i piccoli a subire espedienti estremi, come restare da soli chiusi in casa o seguire al lavoro mamma e papà, dove capita anche di rimanere chiusi in macchina per ore, in attesa che i genitori terminino di lavorare. Se ci sono fratelli più grandi, sono loro a badare ai più piccoli, in una spirale di isolamento e marginalità estrema che colpisce gli uni e gli altri, e che nei casi più gravi può condurre all’abbandono scolastico già a partire dai 12/13 anni, per effetto anche dell’assenza degli scuolabus comunali, attivi solo per la scuola primaria e secondaria di I grado.

Il deficit nel rendimento scolastico
Più in generale per molti studenti, nel periodo del Covid, la scuola è stata completamente sostituita dal lavoro, poi si è tornati tra i banchi ma il pomeriggio si continua ad aiutare nelle serre, con una grossa difficoltà nel fare i compiti e il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni), come confermano alcune delle testimonianze raccolte dal rapporto. Storie che si intrecciano con i dati allarmanti sul lavoro minorile diffusi recentemente da Save the Children: in Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58.000 minorenni) abbia svolto lavori dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico. Tra i minorenni intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1% è impiegato in attività in campagna.

Save the children ai ministri, aiutare i figli dei braccianti
«Abbiamo voluto dar voce a bambini, bambine e adolescenti che vivono ogni giorno in un vero e proprio cono d’ombra, subendo gravissime violazioni nel loro accesso alla salute e all’educazione. Questo Rapporto ci dice che i lavoratori e le lavoratrici sfruttate in campo agricolo, oltre ad essere vittime dirette di questa condizione, sono anche genitori, madri e padri di bambini ’invisibili’ che crescono nel nostro Paese privi di diritti essenziali. Questa dimensione così grave dello sfruttamento troppo spesso, sino ad oggi, è stata ignorata. È fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare ad ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita». È quanto spiegato da Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children a margine della presentazione del rapporto. «Per questo motivo – ha aggiunto -, chiediamo al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di integrare il Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli vittime di sfruttamento, da definire con le parti sociali e il Terzo Settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo. Chiediamo inoltre ai Prefetti dei territori dove il fenomeno è più presente di attivare un coordinamento con gli uffici scolastici provinciali, i servizi sociali, l’associazionismo e le organizzazioni sindacali per una sistematica azione di monitoraggio della presenza dei minorenni nei territori agricoli e per una offerta attiva dei servizi di base. In questo quadro, riteniamo anche necessario che questo tema sia inserito nei percorsi di formazione degli ispettori del lavoro e di tutto il personale con compiti di verifica della attuazione delle leggi in materia affinché, con il sostegno del terzo settore, delle organizzazioni sindacali e delle reti anti-tratta, si rafforzi la capacità del sistema di intercettare in modo tempestivo tutte le forme, dirette e indirette, di sfruttamento dei minorenni in ambito agricolo e si potenzino le misure di protezione e di sostegno alle vittime», ha concluso Milano.

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