20 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Emanuele Lauria

I numeri della fiducia a Palazzo Madama. Nelle Autonomie prevale l’astensione. Incertezze tra i senatori a vita. Monti: “Valuterò”

Qualche no e alcuni dubbi inattesi: nel giorno in cui Rousseau fa decollare il secondo governo Conte, gli sherpa della maggioranza cominciano a fare i conti in vista dei voti di fiducia da parte dei due rami del Parlamento. E scoprono che il passaggio al Senato (alla Camera i numeri giallo-rossi sono ampi) è meno agevole del previsto. La bandierina della maggioranza, a Palazzo Madama, è posta a quota 161, la metà più uno di un’assemblea composta da 315 eletti e sei senatori a vita. M5S e Pd, insieme, hanno 158 voti. E probabilmente uno in meno, vista la posizione anti-Pd di Gianluigi Paragone che ieri sera non ha voluto però anticipare nulla: “Intanto prendo atto del risultato della consultazione online. Cosa farò da domani in poi? Vediamo, vediamo”.
In ogni caso l’appoggio decisivo, i nuovi alleati di governo, devono trovarlo nel gruppo misto e in quello delle autonomie. Nel Misto siedono i quattro senatori di Leu, la terza gamba che finora ha lamentato scarsa attenzione da parte di Conte. Le tre forze ufficiali del perimetro dell’esecutivo, in sostanza, sono in grado di garantire appena l’autosufficienza: 161, appunto. Un voto in meno e in aula si va sotto. Ecco perché diventano determinanti “gli altri”. Chi? Ieri è venuto meno l’appoggio di Emma Bonino che, al termine di un aspro confronto all’interno di +Europa, ha annunciato il no alla fiducia e “un’opposizione costruttiva ma piena”. Posizione differente, per intenderci, di quella che i suoi colleghi assumeranno alla Camera. Poche certezze anche dagli ex M5S: Andrea Cecconi ha anticipato il voto contrario, gli altri quattro componenti si dicono contrariati per il fatto che il premier incaricato non abbia voluti incontrarli. I più duri sono Gregorio De Falco e Saverio De Bonis: “Attendiamo di ascoltare Conte e poi decidiamo”, dice l’ex ufficiale di Marina. Più ottimista Paola Nugnes: “Sto leggendo i 26 punti del programma, c’è qualcosa di positivo: si può fare di più ma il clima è cambiato. Sono orientata a dare la fiducia”.
Non fanno conoscere la loro posizione i due eletti all’estero, Ricardo Merlo e Adriano Cario, che potrebbero astenersi. Senza condizionali è invece l’astensione dei tre esponenti della Svp, determinati a restare fuori dalla maggioranza ma pronti a decidere caso per caso se appoggiare le proposte dell’esecutivo. Orientato verso il sì, fra gli esponenti delle minoranze linguistiche, è Albert Laniece, rappresentante dell’Union Valdotaine che ha apprezzato il fatto che Conte “valorizza le politiche della montagna”. Più pragmatico il sì alla fiducia di esperti naviganti dei Palazzi come Pierferdinando Casini, Gianclaudio Bressa (che fu sottosegretario con D’Alema, Renzi e Gentiloni) e il socialista Riccardo Nencini.
In sintesi, la nuova maggioranza potrebbe giungere a quota 167, con almeno sei voti di margine da gestire. Fra i senatori a vita, Mario Monti un po’ a sorpresa non si sbilancia (“Devo riflettere”), Liliana Segre si asterrà ed Elena Cattaneo fa sapere di non avere ancora deciso. Non è paura, ma almeno preoccupazione, quella che il partito degli attendisti provoca nell'”avvocato del popolo” che si mette in marcia.

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