22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Danilo Taino

Questi «uomini forti» sanno che una vittoria a Caracas farebbe loro conquistare posizioni nelle dispute e nei conflitti di domani: Maduro sta a tutti loro come Assad stava a Putin in Siria


Nicolás Maduro è a tutti gli effetti diventato il simbolo dell’abuso dei diritti umani. Non solo in Venezuela, non solo in America Latina: in tutto il mondo. Ogni persona intellettualmente retta riconosce la miseria in cui ha fatto precipitare il Paese e la violenta disonestà con la quale sta cercando di mantenere il potere. Attorno a lui, a difesa del suo regime repressivo e disastroso, si è però formata una internazionale dell’autoritarismo che ben rappresenta quello che sarà lo scontro globale, di potere e di modelli, degli anni a venire. A intimare al dittatore di abbandonare la scena sono le democrazie delle Americhe, dell’Unione europea, il Giappone. Paesi che affondano le radici dei loro sistemi politici nel rispetto della libertà e dei diritti civili. Sulla mappa del pianeta, però, risaltano ancora di più le sagome cupe dei sostenitori di Maduro, della Russia di Vladimir Putin che ha inviato «consiglieri» a Caracas, della Cina di Xi Jinping, dell’Iran degli ayatollah, della Siria di Bashar Assad, della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, dei pochi regimi autoritari del Sudamerica, della Cuba infiltrata nei comandi militari venezuelani per sostenere il dittatore-cliente.
Un network dei regimi forti o presunti tali che da qualche anno è sempre più assertivo, spesso incoraggiato da segni di debolezza delle democrazie. E che nella difesa del chavismo e del regime di Maduro vede oggi uno scontro destinato ad allungare la propria ombra su quello che sarà il conflitto dei prossimi anni per disegnare i nuovi equilibri mondiali: quello tra il modello illiberale e i modelli democratici. Questi «uomini forti» sanno che una vittoria a Caracas farebbe loro conquistare posizioni nelle dispute e nei conflitti di domani: Maduro sta a tutti loro come Assad stava a Putin in Siria. Anche per questo, lo scontro di Caracas non è affare dei soli venezuelani.

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