ECONOMIA/SPECIALE CRISI ECONOMICA
Fonte: La Stampa
L’Istat: a maggio la produzione scende dell’1,2%. La Bce: ripresa molto graduale
L’industria italiana cede sotto i colpi di quella che sembrava una crisi economica ormai in ritirata, ma che è invece ancora capace di pericolosi colpi di coda. A maggio la produzione è andata letteralmente a picco, con un calo dell’1,8% rispetto allo stesso mese del 2013 e con un ben più allarmante arretramento dell’1,2% rispetto al mese precedente. Un dato doppiamente preoccupante, non solo per l’entità ma anche perché totalmente inatteso. Gli analisti si aspettavano infatti un risultato positivo, per quanto timido, ma comunque da iscrivere nella lenta ripresa avviata anche ad aprile. Complice il ponte del primo maggio, invece, il crollo è stato quasi senza precedenti (così male l’industria non andava dal 2012), tale da mettere in discussione ora, e sempre di più, le previsioni di crescita per fine anno. Il premier Matteo Renzi però è sicuro: non ci sarà alcuna manovra correttiva.
Nonostante i numeri di tutt’altro tenore di Confindustria, della Commissione Ue e delle istituzioni internazionali, il governo è finora rimasto ancorato per il 2014 ad una stima positiva dello 0,8%, quella scritta nero su bianco nel Def e che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non ha mai messo in discussione, segnalando sempre che l’Italia punta ad una crescita vera e duratura, «senza scorciatoie». Nelle ultime settimane i segnali di rischio si sono però moltiplicati. Proprio alla luce dei dati sulla produzione (anche la stima di aprile è stata rivista al ribasso da +0,7% a +0,5%, mentre gli industriali prevedono un calo dello 0,5% tra aprile e giugno), il Pil del secondo trimestre potrebbe infatti essere ancora negativo, dopo il -0,1% dei primi tre mesi dell’anno. E se così fosse sarebbe difficilissimo centrare la previsione del Def.
Il governo rifarà i conti nella nota di aggiornamento di settembre, dopo che il 6 agosto l’Istat avrà reso noto il dato ufficiale sull’andamento dell’economia nel secondo trimestre. Ma anche se il pil dovesse fermarsi a un più modesto +0,2% o +0,3%, della temutissima manovra correttiva d’autunno non ci sarebbe in realtà alcuna necessità. Lasciando l’assemblea dell’Abi, Padoan ha preferito schivare i giornalisti e non commentare il tonfo dell’industria, ma al termine del consiglio dei ministri, in serata, Renzi ha chiarito che nessuna manovra è all’orizzonte.
Il deficit di quest’anno è infatti atteso al 2,6% con un margine dunque dello 0,4% tutto da sfruttare prima di arrivare alla fatidica soglia del 3% che scatenerebbe le ire di Bruxelles.
Il governo continua dunque con sicurezza per la sua strada. Anche in Europa, dove – ha assicurato Padoan – l’Ecofin ha condiviso le priorità di crescita e occupazione indicate da Roma e dove l’Italia si presenta forte del consistente pacchetto di riforme già avviate e che potrebbe permettergli, secondo il premier, di essere il «locomotore» del vecchio continente. Niente scorciatoie dunque, ma un percorso serio e preciso per agganciare la ripresa e allo stesso tempo sanare le storture di sempre del sistema produttivo italiano, compresa una pressione fiscale che, per via XX Settembre, va «senza dubbio» ridimensionata. Un primo passo è stato fatto con la riduzione del cuneo fiscale, altri ne seguiranno.
Il contesto, ha sottolineato il ministro non a caso ricevuto anche al Quirinale proprio a due giorni dalla riunione Ecofin, è ancora «debole e incerto» e la ripresa in Italia, gli ha fatto eco il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, «stenta ad affermarsi». Le opportunità per una sterzata però ci sono: arrivano dai governi che mettono in campo le riforme, ha scandito ancora Padoan, e arrivano dalla Bce e dal collaterale che può attivare Bankitalia a favore delle Pmi, ha insistito il governatore. Sono proprio le piccole imprese infatti, quelle alla base del tessuto produttivo italiano, che, secondo la stessa Bce, hanno risentito maggiormente della crisi e dell’impatto sui finanziamenti e sui bilanci delle banche.