Fonte: La Stampa
La durata media della prestazione per avere un sistema in equilibrio sarebbe di 25 anni
Sono oltre 758.372 gli assegni pensionistici messi in pagamento dall’Inps (e dall’ex Inpdap) da più di 37 anni: lo si legge in uno studio di Itinerari previdenziali (la rivista dell’Inps) che spiega che nel conto ci sono tutte le pensioni previdenziali: vecchiaia, anzianità, prepensionamenti, superstiti e invalidità. Sono esclusi gli assegni di invalidità civile e le altre forme di assistenza. «La durata media delle prestazioni erogate dal 1980 o prima – si legge – è di circa 38 anni per i dipendenti del settore privato e, nel caso del settore pubblico, rispettivamente di 41 anni e 41,5 anni per lavoratori e lavoratrici: prestazioni corrette sotto il profilo attuariale non dovrebbero superare i 25 anni», dove corrette sotto il profilo attuariale significa semplicemente che il sistema resterebbe in equilibrio considerati i versamenti di chi lavora.
«Un’attenta analisi delle decorrenze pensionistiche – prosegue lo studio – evidenzia un sistema previdenziale reso oggi eccessivamente rigido dalla riforma Monti-Fornero, ma sin troppo generoso tra 1965 e 1980: è saltata la relazione contributi e prestazioni, con effetti che gravano tuttora sul bilancio del welfare».
Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, spiega: «Ci vorranno anni per ridurre le anomalie che tuttora appesantiscono il bilancio del welfare italiano. Nel nostro Paese sono in pagamento 3.806.297 prestazioni che hanno superano la durata di 25 anni», pari al 24% circa dei pensionati (circa 16 milioni nel 2017, ma alcuni pensionati hanno più assegni). «Si potrebbe dire – dice ancora Brambilla – che è una sorta di reddito di cittadinanza ante litteram, anche se mascherato da pensione».
Tra le categorie maggiormente favorite ci sono le donne, cui spetta l’80% delle prestazioni in pagamento da 37 anni e più e il 67% di quelle oltre i 25 anni; le tipologie di prestazioni prevalente sono le pensioni di invalidità, superstiti e vecchiaia. A gennaio 2018, nel settore privato risultano ancora in essere circa 250 mila pensioni dovute a prepensionamenti avvenuti anche con 10 anni di anticipo rispetto ai requisiti allora vigenti. Questi prepensionamenti «gravano sul bilancio pensionistico- si legge – anziché essere considerati delle vere e proprie misure di sostegno al reddito».
Analoga è la situazione delle invalidità previdenziali: all’1 gennaio 2018 ne risultano in pagamento oltre 948.000 (il 6,8% del totale delle pensioni), di cui con oltre 37 anni ben 328.000 e con 25 e più anni 490.000. Una parte consistente di questi assegni è costituito dalle baby pensioni dei lavoratori del pubblico impiego, erogate alle donne con figli anche dopo 14 anni sei mesi e un giorno di lavoro. In questo caso, le prestazioni pensionistiche erogate da oltre 37 anni sono quasi 75.000.
«Purtroppo, l’Italia – conclude Brambilla – preferisce spostarsi sempre sulle estreme anziché mantenersi in un centro equilibrato, e tutto questo ne è il risultato. Pensiamo ad esempio al dibattito sulle pensioni che, nelle ultime settimane, si è concentrato sul ricalcolo delle pensioni oltre i 4.000/4.500 euro, senza invece considerare tutte quelle prestazioni che, pur magari inferiori come importo, sono in pagamento da tempi lunghissimi e senza essere sostenute da un adeguato versamento di contributi.