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Il Tar Lazio non rileva alcuna criticità nell’utilizzo di sistemi come Chat Gpt e Open Ai nella gestione di un contratto di servizi

Ammesso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’esecuzione di un appalto di servizi. Sistemi come Open Ai e Chat Gpt possono fare legittimamente parte dell’offerta avanzata da un’impresa per ottenere l’assegnazione di un contratto pubblico. Dice questo l’innovativa sentenza del Tar Lazio (n. 4546/2025) che, per la prima volta, si concentra sul tema dell’uso di sistemi di intelligenza artificiale negli appalti pubblici. Ricordando come siano affidabili e, ormai, di comune utilizzo in diversi ambiti. E, quindi, possano essere accettati dalle commissioni giudicatrici delle gare.

Il caso
L’impugnativa che ha portato alla decisione del Tar Lazio riguarda l’aggiudicazione di un lotto di una gara indetta da Consip per la stipula di un accordo quadro per servizi di pulizia e sanificazione per gli Enti del Servizio sanitario nazionale. La terza posizionata nella graduatoria impugnava l’aggiudicazione, adducendo una serie di motivi, tra i quali uno strettamente connesso proprio all’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale.
Nel calcolo del punteggio raggiunto dall’impresa vincitrice era stato assegnato un risultato, considerato dalla ricorrente troppo elevato ad alcuni elementi, e attribuito – si legge nella decisione – «in ragione delle intelligenze di cui essa ha dichiarato di volersi avvalere (“Chat Gpt-4 e Open Ai”)».
In sostanza, nella gestione del servizio il vincitore, per alcune funzioni, ha prospettato di avvalersi di Open Ai e Chat Gpt. Un utilizzo impossibile, secondo l’impugnativa, dal momento che il ricorrente riferisce di avere interrogato Chat Gpt e che questo «ha risposto in maniera incompatibile con l’utilizzo che il vincitore intende fare di questo strumento». Per questo motivo, allora, il ricorso censura il fatto che la Pa abbia «accolto positivamente, senza alcun approfondimento istruttorio, l’utilizzabilità dell’Ia nell’ambito del servizio di cui si discute».

La decisione del Tar Lazio
Il tribunale respinge questa impostazione. E spiega come «non sia rinvenibile» in questo caso «alcun aspetto di evidente criticità e/o inaffidabilità di tale strumento di ausilio, peraltro ormai di comune e diffuso utilizzo, né conseguentemente alcun motivo che avrebbe dovuto condurre» la commissione giudicatrice a fare diverse valutazioni. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale, insomma, è perfettamente ammissibile in un appalto di servizi.
Non valgono a dare un segnale contrario le sole interrogazioni svolte da parte della difesa dell’impresa ricorrente.
Non solo. In più passaggi la sentenza del Tar Lazio sottolinea anche il ruolo centrale che la commissione giudicatrice ha in questo tipo di valutazioni. «L’attribuzione dei punteggi – ricorda la decisione – rientra nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla commissione giudicatrice, organo tecnico competente, per cui, fatto salvo il limite dell’abnormità della scelta tecnica operata, per come risultante dagli atti di gara e di causa, sono inammissibili le censure che impingono nel merito di valutazione per loro natura opinabili».

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