ELEZIONI EUROPEE
Fonte: La StampaColloquio in vista delle Europee tra il socialista e il popolare che si contendono la guida della Commissione Ue. Idee differenti sul rigore, e anche sull’Italia
Quando si incontrano, nella piccola sala del Residence Palace, il candidato socialista Martin Schulz e il rivale popolare Jean Claude Juncker si abbracciano. L’amicizia resta nonostante il duello che li vede impegnati per la nomina politica a presidente della Commissione Ue da ottenere col voto europeo del 22-25 maggio. Inseguono un traguardo possibile, ma ampiamente legato alla volontà dei governi nazionali e, pertanto, parecchio incerto. Difficile dire se davvero uno di loro prenderà il posto del portoghese Barroso. In comune hanno un sincero europeismo e la narrativa sociale, ma non quella sul rigore. Il tedesco sarebbe per dare più tempo a Italia e Francia per risanare e lavorare sulla crescita. Il lussemburghese risponde semplicemente «Nein!». Due volte.
In una lunga intervista concessa all’inserto Europa – curato Le Monde, Süddeutsche Zeitung, The Guardian, El Pais e La Stampa (testo integrale sul giornale di domani)- Schulz e Juncker tentano di prendere una qualche distanza dall’Europa che c’era, parlano della gestione della tempesta economica di qualcosa di naturalmente imperfetto e promettono un cambio di rotta. «La crisi si è amplificata perché il Consiglio ha agito prima sui bilanci per riconquistare la fiducia degli investitori e poi della crescita», attacca Schulz. «E’ colpa del fatto che abbiamo parlato molto della crisi, senza prendere sempre le buone iniziative», concede il lussemburghese, piuttosto critico con «i paesi che non si sono davvero impegnati nel consolidamento», novero in cui entrano di diritto Francia e Spagna. Entrambi sostengono ricette di flessibilità. Ma l’ex capo dell’Eurogruppo ritiene che non sia il caso di fare sconti. Mentre il tedesco suggerisce il contrario, «ma non per sempre».
Il problema comune è il populismo. «Chi vota per i populisti, o per la destra, vota per delle parole vuote», assicura Juncker, mentre Schulz vede la questione come un caso politico e non generazionale, prima occasione per parlare direttamente dell’Italia. «Grillo e Berlusconi sono grosso modo della stessa generazione. E’ la politica, non l’anagrafe», sbotta il tedesco che pure imputa a Juncker «di essere stato votato da Berlusconi” con l’altro che risponde naturalmente “per me non è un problema».
Entrambi dicono di non temere che il vertice dei capi di stato e di governo dell’Unione rispetteranno le indicazioni delle forze politiche e designeranno il vincente fra i due principali candidati. «Io sono stato eletto dal congresso del Ppe», incalza Juncker. «Non ho l’impressione sia stato un pesce d’aprile – aggiunge Schulz – . I capi di stato e di governo stanno prendendo al cosa sul serio». Entrambi negano il diffuso sospetto di una egemonia tedesca in Europa, ipotesi che in realtà – per ammissione dello stesso Schulz – crea diversa preoccupazioni.
In conclusione i temi della politica estera. I due candidati parlano una lingua simile nel dire che se Mosca continuerà con le pressioni sull’Ucraina, sarà inevitabile rendere più severe le sanzioni anche dal punto di vista economico. Schulz accusa apertamente Putin di essere dietro ai discorsi. Nessuno dei due, però, prevede che Kiev possa diventare presto un membro dell’Unione europea nel breve periodo.