16 Settembre 2024
Guerra Israele Hamas (1)

Le ultime news di lunedì 30 ottobre sulla guerra tra Israele e Hamas, in diretta. In un’intervista al programma tv 60 Minutes della Cbs, la vicepresidente Usa ha specificato domenica sera che gli Usa non hanno «alcuna intenzione né alcun piano di inviare truppe da combattimento in Israele o a Gaza»

 

Ore 07:40 – Il punto della situazione, ad ora
di Luca Angelini
Sul cartello azzurro si legge «Centro di distribuzione delle Nazioni Unite», non saccheggio libero, ma dopo 22 giorni di bombardamenti, fame e sete, i palestinesi di Gaza rompono i catenacci e arraffano tutto quel che riescono a trasportare.
Così l’inviato Andrea Nicastro racconta l’assalto per il cibo, nella Striscia. Il cibo era quello arrivato con i pochi tir che sono potuti entrare dall’Egitto, attraverso il valico di Rafah. Ma la fame non è l’unico dramma di chi vive (e muore), a Gaza. Scrive ancora l’inviato del Corriere “Le poche immagini che filtrano dalla Striscia mostrano un paesaggio infernale, interi isolati rasi al suolo, scheletri di edifici fumanti, montagne di macerie invece di strade e palazzi. Ieri tre torri di almeno 14 piani sono state bombardate forse con razzi d’elicottero o droni. (…) Quanta gente abitava quei condomini? Secondo il ministero della Salute di Hamas, ci sarebbero 1.800 persone sotto le macerie delle bombe israeliane che nessuno riesce a soccorrere. I morti denunciati da Gaza sono centinaia al giorno. Il totale supera gli 8 mila di cui 3 mila minorenni. La traduzione è brutale: un bambino palestinese ucciso ogni 10 minuti.
Gli stessi Stati Uniti, che pure non hanno voluto imporre a Israele «linee rosse» da non superare, sembrano ora preoccupati dalle dimensioni della «punizione» per l’orrendo massacro perpetrato dai terroristi di Hamas il 7 ottobre. Il consigliere americano per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha ripetuto: «Crediamo che in ogni momento, ogni giorno di questa operazione militare, il governo israeliano debba prendere tutte le misure possibili per distinguere tra Hamas, i terroristi obbiettivi militari legittimi, e i civili che non lo sono. Questo è quel che comunichiamo ai più alti livelli».
Ieri mattina il presidente americano Joe Biden ha telefonato al premier israeliano Benjamin Netanyahu e, stando al resoconto della Casa Bianca, il colloquio si è concentrato sul «diritto internazionale umanitario che privilegia la protezione dei civili», sugli sforzi per liberare gli ostaggi, compresi quelli con passaporto americano, sull’«aumento dei rifornimenti umanitari». «Un tono diverso dall’appoggio “incondizionato” dei primi giorni seguiti al sanguinoso raid di Hamas» fa notare ancora Nicastro.
L’operazione, anche di terra, dell’esercito israeliano, però, continua e con sempre più forza. L’ospedale di Al-Quds a Gaza ha ricevuto due telefonate da Israele: «Dovete sgomberare». Ci sarebbero 12 mila civili tra ricoverati e parenti. Tel Aviv sostiene che Hamas li stia usando da scudi umani per i propri comandi occultati nelle cantine. La gente però resta, i medici, anche quelli delle organizzazioni internazionali, anche. «Un trasferimento condannerebbe a morte i pazienti», dicono.
Centocinquanta gli «obiettivi di Hamas» distrutti secondo Israele solo venerdì, mentre il numero degli ostaggi israeliani ancora in mano a Hamas è stato nuovamente aggiornato al rialzo: 239. Si scalda anche il fronte nord, tra Israele e Libano. Uno dei 10mila caschi blu dell’Unifil è stato ferito da una granata di mortaio, mentre razzi sparati dal Libano hanno incendiato una casa israeliana a Kiryat Shmona. La rivendicazione è delle Forze Al-Fajr (costola della Fratellanza Musulmana sunnita), non degli sciiti di Hezbollah.
Sul fronte interno, Netanyahu, pur ripetendo che tutti, lui compreso, devono assumersi la responsabilità di quanto accaduto il 7 ottobre, sembra smanioso di scaricare su altri la responsabilità dell’essere stati colti di sorpresa dall’attacco: «In nessuna circostanza e in nessuna fase il primo ministro è stato avvertito del fatto che Hamas volesse la guerra. Tutti gli ufficiali, compresi quelli dello Shin Bet e dei servizi segreti militari, credevano che l’organizzazione fosse sotto controllo e cercasse un compromesso», si leggeva in un post pubblicato l’altra notte sull’account ufficiale del governo.
Furibondo Benny Gantz, che ha lasciato l’opposizione per partecipare al consiglio di guerra: «Netanyahu deve rimangiarsi le frasi e smetterla. Essere un leader significa mostrare senso di responsabilità. Qualsiasi altra parola o azione danneggia la forza e la resilienza della nazione». Poi ha rassicurato generali e soldati: «Siamo con voi, continuate la vostra missione». Dieci ore dopo — e dopo molti appelli a ritrattare — il primo ministro ha cancellato il messaggio e si è scusato, ma neppure questa volta fino in fondo, come fa notare Anshel Pfeffer, editorialista del quotidiano Haaretz: «Si rammarica della tempistica, non del contenuto».
Quanto alla possibile trattativa per il rilascio degli ostaggi israeliani, Frattini ricorda che, a fine settembre, i detenuti palestinesi, dei quali Hamas vorrebbe, in cambio, la liberazione, erano 5.200 tra loro 170 minori, 333 donne, 22 in galera da prima degli accordi Oslo del 1994, 559 condannati a uno o più ergastoli (dati dell’associazione palestinese Addameer). In 1.264 sono sottoposti a detenzione amministrativa, la misura che permette ai servizi segreti di prolungare l’arresto per «ragioni di sicurezza» indicate al giudice senza formulare un’accusa e senza un avvocato difensore. Dopo il 7 ottobre ci sono stati altre centinaia di arresti, che portano il totale dei detenuti palestinesi a circa 6 mila.
Lorenzo Cremonesi sottolinea come pesino i precedenti «scambi» accettati da Israele — vedi la liberazione nel 2011 del sergente Gilad Shalit, catturato da Hamas a Gaza, in cambio di 1.027 palestinesi considerati pericolosi (tra loro 78 accusati di orribili attentati terroristici); o quella di altri 1.150 detenuti nel 1985, in cambio di tre soldati — tanto da spingere molti a chiedersi: sino a che punto lo Stato può permettersi di mettere a rischio la propria sicurezza pur di liberare i singoli cittadini nelle mani del nemico?
Sulla crisi in Medio Oriente, sul Corriere di oggi e sul sito Corriere.it (con tutti gli aggiornamenti in tempo reale) trovate anche:

Le reazioni in Italia
A Che tempo che fa, la segretaria del Pd Elly Schlein ribadisce di essere convinta che il governo italiano, astenendosi sulla risoluzione Onu sul Medio Oriente, abbia sbagliato: «Non si può non votare una risoluzione che chiede una tregua umanitaria. Prima di tutto, fermare le bombe su scuole e ospedali. Non possiamo assistere alla violazione del diritto internazionale. Condanniamo gli attacchi terroristici di Hamas, che va isolato dal mondo arabo, ma manteniamo il giudizio critico verso le politiche del governo di destra di Netanyahu che oggi non può punire collettivamente tutta la popolazione palestinese. Il faro è il diritto internazionale. Due popoli, due stati è il presupposto per la sicurezza di Israele». La manifestazione dell’11 novembre a Roma, convocata dal Pd prima dell’attacco di Hamas, sarà «anche una manifestazione per la pace», annuncia.
Dopo Zerocalcare e Amnesty international, anche il fumettista Maicol & Mirco (pseudonimo di Michael Rocchetti) ha annunciato che diserterà il Lucca Comics. Ma la bufera per il patrocinio dell’ambasciata israeliana alla fiera del fumetto non rimane confinata al mondo della cultura e diventa politica: «Questo si chiama razzismo», attacca Matteo Salvini in un post. E il vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Alfredo Antoniozzi: «Molti artisti, da sempre, fiutano l’area del dissenso più conveniente per fare business». Opposto il commento di Nicola Fratoianni, di Sinistra italiana: «Noi siamo dalla parte della pace, dalla parte di chi non si vuole rassegnare al fatto che l’unica risposta siano le armi contro le popolazioni civili. Ed è per questo che esigiamo che ci sia grande rispetto per la scelta di ZeroCalcare e di Amnesty».

Ore 07:11 – Israele: «Stiamo aumentando le operazioni all’interno della Striscia»
L’esercito israeliano ha comunicato che sta «continuando ad aumentare» le operazioni all’interno della Striscia di Gaza.
A comunicarlo è stato il portavoce delle forze armate di Israele, secondo cui durante la notte «sono stati uccise dozzine di terroristi che si erano barricati in edifici e tunnel tentando di attaccare i soldati».
In uno scontro, ha aggiunto, un velivolo ha «colpito un luogo di addestramento all’interno di un palazzo con oltre 20 terroristi di Hamas».
L’operazione di terra nella Striscia — anticipata da alcuni raid — è stata lanciata in modo più sostenuto venerdì sera, in risposta all’attacco terroristico del 7 ottobre, quando Hamas ha ucciso 1400 israeliani.
Negli ultimo giorni — secondo Israele — sono stati oltre 600 gli obiettivi colpiti nella Striscia.

Ore 06:26 – Libano: Hezbollah, abbattuto un drone israeliano
Hezbollah ha annunciato di aver abbattuto un drone israeliano, per la prima volta durante i recenti combattimenti con lo Stato ebraico. Citato dai media locali il gruppo armato islamista libanese afferma che l’abbattimento è avvenuto ieri sopra il villaggio meridionale di Khiam, a circa 5 chilometri dal confine con Israele. Il drone è stato visto cadere nel territorio ebraico, aggiunge Hezbollah.

Ore 06:24 – Medioriente: raid Israele a Jenin, morti tre palestinesi
Tre palestinesi, incluso un leader terrorista, sarebbero stati uccisi durante i pesanti scontri a Jenin, in Cisgiorfania. Lo riferisce il sito di notizie palestinese Wafa affermando che la terza vittima è uno dei fondatori della Brigata Jenin, ramo della Jihad islamica.

Ore 06:10 – Medioriente: Gaza, oltre 8.000 bilancio vittime palestinesi
Secondo il governo di Gaza, gli attacchi aerei israeliani in corso a Gaza hanno distrutto 47 moschee e sette chiese da quando il Paese ha lanciato un’azione di ritorsione in seguito al raid di Hamas del 7 ottobre. È quanto riporta Al Jazeera. L’ufficio stampa di Gaza ha affermato che nelle ultime tre settimane sono state distrutte anche 203 scuole e 80 uffici governativi. Salama Maarouf, direttore dell’ufficio, ha affermato, citato da Al Jazeera Arabic, che 220.000 unità abitative sono state danneggiate a causa del massiccio bombardamento e 32.000 edifici sono stati completamente distrutti.
In precedenza, l’ufficio stampa governativo di Gaza aveva riferito che l’esercito israeliano aveva minacciato di bombardare un centro culturale ortodosso e una scuola che ospitavano più di 1.500 sfollati. Dal 7 ottobre sono state uccise a Gaza più di 8.000 persone, tra cui più di 3.000 bambini e oltre 2.000 donne. Almeno altri 20.000 sono rimasti feriti. Nelle ultime tre settimane a Gaza sono stati uccisi più bambini rispetto al totale dei bambini uccisi nei conflitti in tutto il mondo ogni anno dal 2019, ha affermato il gruppo non governativo Save the Children.

Ore 06:10 – Medioriente: forze Israele, distrutte postazioni anticarro Hamas in Striscia
Domenica le forze di difesa israeliane hanno ampliato la loro incursione di terra all’interno della Striscia di Gaza, distruggendo le posizioni anticarro di Hamas e uccidendo diversi uomini armati sulla costa di Gaza e al valico di frontiera di Erez, hanno detto i militari. Lo riporta «The Times of Israel». Razzi sono stati lanciati da Gaza contro paesi e città israeliane per tutto il giorno, mentre l’esercito concentrava le sue operazioni sugli obiettivi di Hamas nella parte settentrionale della Striscia.
Un ufficiale dell’IDF è stato gravemente ferito dall’impatto di un mortaio e un soldato è rimasto ferito durante uno scontro con uomini armati di Hamas, entrambi nel nord della Striscia di Gaza, durante la notte, hanno riferito i militari. L’IDF ha affermato che le unità di terra continuano a operare nella parte settentrionale della Striscia di Gaza dopo essere entrate venerdì, uccidendo agenti di Hamas e distruggendo siti appartenenti al gruppo terroristico. Secondo i militari, le truppe hanno ucciso diversi uomini armati di Hamas che avevano aperto il fuoco contro le sue forze nella Striscia di Gaza, tra cui diversi sulla costa settentrionale di Gaza, vicino alla comunità israeliana meridionale di Zikim.

Ore 05:28 – Medio Oriente: Sullivan, «rischio elevato» di un allargamento regionale del conflitto
Gli Stati Uniti reputano che il rischio di un allargamento regionale del conflitto in corso tra Israele e Hamas sia «elevato». Lo ha dichiarato il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, mettendo in guardia in particolare dal pericolo di ulteriori attacchi alle basi militari statunitensi nella regione da parte di forze vicine all’Iran. «Stiamo vigilando, perché riscontriamo minacce significative contro le nostre forze nell’intera regione e un rischio elevato che il conflitto possa allargarsi ad altre parti della regione. Stiamo facendo tutto quanto ci è possibile per dissuadere e prevenire questa possibilità», ha dichiarato il funzionario nel corso di

Ore 05:20 – Israele: Harris ribadisce, nessun piano per invio soldati Usa
La vicepresidente americana Kamala Harris ha ribadito che gli Stati Uniti non hanno «alcuna intenzione né alcun piano di inviare truppe da combattimento in Israele o a Gaza». In un’intervista al programma tv 60 Minutes della Cbs, Harris ha specificato domenica sera che gli Usa stanno fornendo allo Stato ebraico consulenza, attrezzature e sostegno diplomatico. «Israele senza alcun dubbio ha il diritto di difendersi. Detto questo, è molto importante che non vi sia alcuna confusione tra Hamas e i palestinesi», ha sottolineato la vicepresidente Usa. «I palestinesi meritano pari misure di sicurezza e protezione, autodeterminazione e dignità, e siamo stati molto chiari sul fatto che le regole della guerra devono essere rispettate e che devono arrivare aiuti umanitari», ha aggiunto la Harris. La vicepresidente Usa ha ribadito anche che l’America vuole evitare che il conflitto si inasprisca, tornando ad avvertire l’Iran di non farsi coinvolgere.

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