Il congelamento della riforma della giustizia non convince gli oppositori del governo. Che intanto cerca appoggi nella Knesset
La pausa sulla riforma giudiziaria e l’avvio del confronto con l’opposizione non spengono le proteste contro il governo Netanyahu in Israele. Le Bandiere nere – uno dei maggiori gruppi che organizza le manifestazioni – ha confermato la dimostrazione in programma sabato sera a Tel Aviv per la tredicesima volta consecutiva. E già nella giornata del 28 marzo lo stesso gruppo ha sfilato in protesta in pieno centro città al grido di democrazia. «La battaglia è ancora lunga», ha sostenuto l’organizzazione denunciando di non essere pronta ad «accettare una mezza democrazia», in riferimento ai negoziati tra le parti.
Colloqui che – su input del presidente Isaac Herzog – sono partiti tra la maggioranza e i due leader centristi Yair Lapid e Benny Gantz. «Un primo incontro di dialogo», l’ha definito il presidente, il cui obiettivo è «un percorso negoziale» per raggiungere un compromesso. Ma è proprio la parola compromesso a costituire il problema: le organizzazioni di protesta hanno chiesto, e chiedono tuttora, il ritiro totale della riforma. Il sospetto – secondo molti analisti e la leader laburista Merav Michaeli – è che il congelamento della legge annunciato da Netanyahu non sia null’altro che un modo per guadagnare tempo. E certo non ha smorzato l’allarme il fatto che la coalizione di governo abbia presentato alla Knesset, pronto per essere votato, uno dei disegni di legge più contestati della riforma: quello della nomina dei giudici della Corte Suprema.
Una mossa – giustificata dall’esecutivo con motivi tecnici – che ha fatto infuriare l’opposizione visto che modifica la composizione e i criteri del comitato di nomina dei giudici a favore della maggioranza. Il leader nazionalista laico Avigdor Lieberman non ha usato mezzi termini: «Netanyahu mente e sputa in faccia alla gente». Il premier invece – che secondo un recente sondaggio non avrebbe più una maggioranza in Parlamento se si andasse a votare oggi – ha sottolineato che la sua coalizione è «impegnata in un dibattito importante e ne verremo fuori. Il nostro obiettivo – ha assicurato – è quello di raggiungere vaste intese».