22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

Scontro senza quartiere nei Tories britannici. E il Sunday Times avverte: è pronto un dossier su donne e sesso contro Boris preparato dai collaboratori della premier

«Una cintura esplosiva» stretta attorno all’integrità territoriale del Regno Unito, con «il detonatore lasciato nella mani di Michel Barnier». Boris Johnson rompe l’ultimo tabù nella sua battaglia ormai senza quartiere in seno al Partito Conservatore contro la leadership di Theresa May, rilanciando in questi termini l’accusa al governo di «resa» negoziale sulla Brexit nei confronti dell’Unione europea. Il parallelo con gli orrori del terrorismo suicida scatena una bufera di reazioni. I media avvertono che Downing Street sarebbe pronta a tirar fuori un dossier ricattatorio contro l’ex ministro degli Esteri – reduce dall’annuncio del divorzio dalla moglie Marina dopo 25 anni di matrimonio e di presunte infedeltà croniche -. Il dossier sarebbe infarcito di dettagli piccanti, più o meno verosimili, sulla sua vita sessuale e la storia libertina dei rapporti con le donne di Johnson. La Brexit, e soprattutto lo scontro nei conservatori britannici, insomma si colora anche di #metoo.
Tutto succede mentre i colloqui con Bruxelles entrano nei due-tre mesi cruciali: decisivi per trovare un accordo di divorzio, o meno, prima della data d’uscita dall’Unione fissata nero su bianco da Londra per la fine di marzo del 2019. E la rissa resta per ora interna soprattutto alla parrocchia Tory. L’ultima cannonata Johnson, dimessosi due mesi dal governo fa in polemica con la svolta semi-morbida di May nel negoziato con i 27, la spara in un articolo pubblicato oggi dal Mail on Sunday.
L’ex titolare del ministero degli Esteri imputa di nuovo a May cedimenti al tavolo della trattativa con Bruxelles, puntando il dito in particolare sul «compromesso» che il governo sembra disposto ad accettare sul futuro del confine aperto fra Irlanda e Irlanda del Nord (caposaldo degli storici accordi di pace del Venerdì Santo) e contro l’ok al meccanismo del «backstop»: il freno di emergenza che l’Ue si riserva di azionare in caso di stallo imponendo il mantenimento sine die delle regole attuali.
Una soluzione che stando a Johnson è destinata a precipitare il Regno in una condizione di sudditanza «perpetua» e rischia di consentire a Bruxelles di mettere in discussione l’integrità territoriale britannica e la sovranità del Regno Unito sull’Irlanda del Nord. Di qui il paragone con «il corpetto esplosivo» che nella sua narrativa minaccerebbe di fare a pezzi il Paese. Paragone che alimenta subito proteste e repliche sdegnate.
In primis dentro il medesimo Partito Conservatore fra i cui militanti – pure – Boris rimane oggi come oggi il pretendente di gran lunga preferito per un ipotetico dopo-May, con consensi indicati da rilevazioni recenti al 35%. Il ministro dell’Interno, Sajid Javid, potenziale rivale moderato, lo sollecita dagli schermi Bbc a stemperare i toni. Alan Duncan, già suo vice agli Esteri, va oltre: Johnson stavolta è stato «disgustoso», sbotta, profetizzandone «la fine della carriera politica». Un epilogo tutto da dimostrare.
Ora si vedrà cosa sarà capace di produrre la macchina del fango. È il Sunday Times di Rupert Murdoch che rivela l’esistenza di un dossier su sesso e donne contro Johnson. L’avrebbe preparato, a quanto pare, lo stesso entourage di May fin dal 2016, all’epoca della sfida per la successione a David Cameron alla guida dei Tories dopo il referendum sulla Brexit. Allora il dossieraggio non servì poiché Boris Johnson si fece da parte in extremis, tradito dall’alleato euroscettico Michael Gove. In futuro, sembra di capire, potrebbe tornar buono.

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