Decine di vittime tra manifestanti e forze dell’ordine, oltre 3000 arresti. Truppe russe entrate nel paese
«Nessun negoziato con i banditi armati che hanno messo a soqquadro il paese, verranno eliminati». Il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev non ha intenzione di cedere di un millimetro nelle proteste che stanno devastando il suo paese. In un discorso televisivo alla nazione, il terzo in tre giorni, Tokayev ha accusato dei disordini «militanti armati» e ha affermato di aver autorizzato contro di loro l’uso della forza letale . «Coloro che non si arrendono saranno eliminati», ha detto Tokayev, che ha fatto riferimento a circa 20.000 «terroristi». «Abbiamo ricostituito l’ordine costituzionale», ha proseguito il presidente, ma l’operazione antiterrorismo proseguirà fino alla totale distruzione dei militanti».
Tokayev ha poi ringraziato il presidente russo Putin per il sostegno fornito in riferimento all’invio, già in corso, delle «forze di pace» di Mosca. Truppe aerotrasportate del contingente Csto, l’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva firmato una trentina di anni fa da sei ex repubbliche sovietiche guidate da Mosca (oltre a Kazakhstan e Federazione Russa sono Bielorussia, Armenia, Tagikistan e Kirghizistan) ed entrato in funzione per la prima volta dalla sua costituzione. «Una forza di mantenimento della pace dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) è arrivata in Kazakistan e ci resterà per un periodo limitato», ha spiegato il presidente, «fino a quando verrà garantita la protezione delle strutture strategiche».
La situazione nel paese, nonostante le rassicurazioni del capo dello Stato, è ancora fuori controllo: i numeri ufficiali snocciolati dal ministro dell’interno kazako riportano l’uccisione di 26 manifestanti, definiti «criminali armati», e oltre 3.000 arresti. Negli scontri sono morti 18 agenti delle forze di sicurezza e altri 748 sono rimasti feriti. Ma è solo la punta dell’iceberg: impossibile tracciare una fotografia precisa del caos che continua a imperversare nella ex repubblica sovietica: Almaty, centro dei disordini scoppiati a causa dell’aumento dei prezzi del carburante ma trasformatisi rapidamente in una aperta contestazione nei confronti del governo, è una città fantasma. L’immagine simbolo della vera e propria guerriglia in atto è quella del municipio della città, distrutto e annerito dalle fiamme.