19 Settembre 2024
ECONOMIA
Fonte: Corriere della Sera

Ma gli Stati non paghino più gli interessi sui titoli nel portafoglio di Francoforte

Il 5 giugno la Bce ha reso noti una serie di interventi di politica monetaria. Tra questi ve n’è uno particolarmente originale che apre potenzialmente la strada per una Banca centrale che si faccia carico in un’ottica mutualistica dell’eccessivo debito pubblico dei paesi periferici in difficoltà (Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Grecia). Forse questo intervento non è stato molto commentato perché tecnicamente più complicato da spiegare. Vediamo di che cosa si tratta.

Stampare moneta

Tutti ricordano che nel momento più critico della crisi, nel 2011, la Bce decise un programma di acquisto dei titoli di Stato dei Paesi periferici per tenere sotto controllo lo spread con il bund tedesco; si trattava del Securities Market Programme (Smp). La Bce temporaneamente «stampava» moneta per comprare i titoli di Stato dei Paesi periferici in difficoltà; la nuova moneta sarebbe poi stata «eliminata» nel momento in cui i titoli venivano de facto venduti sul mercato. Il programma Smp portò alla Banca centrale oltre 220 miliardi di euro di titoli di Stato, di cui 102 erano italiani. La Bce si è nel tempo disfatta di circa 50 miliardi di titoli restando quindi con circa 170 miliardi; e conseguentemente ha annullato sempre per 50 miliardi la moneta precedentemente creata realizzando la cosiddetta sterilizzazione della base monetaria. Ora la Bce ha deciso di bloccare questo processo di sterilizzazione e quindi si terrà in portafoglio i quasi 170 miliardi di euro di debito pubblico. Almeno per un po’ la base monetaria dell’euro sarà più ampia per lo stesso ammontare con beneficio complessivo dell’eurozona. Ma per quanto tempo la Bce bloccherà le operazioni sul mercato in relazione a questi titoli di Stato? Difficile dare una risposta, ma comunque questa decisione rimane al momento la più significativa del pacchetto di interventi sinora avviato in quanto avvicina molto la Bce ad una banca centrale che ha il potere di «stampare» moneta per comprare i titoli di Stato realizzando così la tanto paventata monetizzazione del debito pubblico dei paesi periferici in difficoltà.

Il tassello mancante

Per comprendere meglio le implicazioni, e che cosa si dovrebbe ancora fare, è interessante mettere a confronto il funzionamento dei programmi di acquisto di titoli di Stato della Fed americana («quantitative easing», il Qe) con l’Smp. Negli Usa la Fed acquista titoli di Stato con scadenza tendenzialmente molto lunga, spesso superiore ai 10 anni. Gli interessi su questo debito vengono restituiti al Tesoro alla fine di ogni anno. La Fed quindi non prende alcun interesse dal governo. Anche perché quale rischio di fallimento si dovrebbe far remunerare? Se le cose vanno male, vanno male per tutti. Nell’eurozona non è stato così con l’Smp. Nel programma, infatti, è previsto che la Bce trattenga gli interessi sui titoli di Stato che ha comprato. Alla luce del ragionamento fatto per la Fed la cosa ha poco senso. O meglio avrebbe senso nel periodo pre-euro nel caso in cui fosse stata, per esempio, la Bundesbank o la Bank of France, a venire in soccorso dell’Italia delle vecchie lire. È evidente che queste banche centrali dovrebbero ricevere gli interessi ed è altresì evidente che dovrebbero essere remunerate del rischio che l’Italia non ripaghi i suoi debiti incorrendo in un fallimento.

I 4 miliardi pagati dall’Italia

Ma siamo in Europa con un’unica valuta, l’euro. E allora? Cosa ne fa la Bce di questi interessi? Ad esempio l’anno scorso lo Stato italiano ha pagato alla Bce interessi per circa 4 miliardi di euro sui 102 miliardi presenti nell’Smp. E’ una cifra importante pari a metà delle tanto tormentate coperture per il bonus di 80 euro. L’8% la Bce lo trattiene in bilancio. Il restante 92% lo ripartisce tra le varie banche centrali europee, che possono trasferire periodicamente poi gli utili ai propri governi. Tenuto conto che il riparto si fa in proporzione al peso dei vari Stati membri dell’eurozona, la maggior parte delle quote di questi interessi (circa il 40%) va alla Bundesbank e alla Bank of France. Conti alla mano, se è vero che gli acquisti della Bce hanno tenuto sotto controllo lo spread, è anche vero che l’Smp ha trasferito dallo Stato italiano alla Bundesbank poco meno di 1,5 miliardi di euro di interessi solo nel 2013. Il modo in cui l’Smp è stato realizzato evidenzia uno dei numerosi difetti architetturali dell’euro ma questa recente decisione va nella giusta direzione e va cavalcata. Adesso che l’Smp non si sterilizza più, perché la Bce ha deciso di tenersi quasi 170 miliardi di euro di titoli di Stato, va completata l’opera stabilendo che questa detenzione sarà fino a scadenza dei titoli e che non comporta pagamento di interessi. Anzi è arrivato forse il momento di restituire quelli già pagati sinora alla Bce dai paesi periferici in difficoltà. Insomma operare come la Fed muovendosi per il benessere di tutti gli Stati (Uniti) d’Europa.

*Università Bocconi

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