20 Settembre 2024

Fonte: Il Sole 24 Ore

economia

Nuovi record per gli investimenti cinesi all’estero. ChemChina, il colosso della chimica cinese, che dallo scorso anno controlla Pirelli, ha offerto 43 miliardi di dollari per Sygenta, il gruppo svizzero della chimica agro-alimentare, la più grossa offerta mai realizzata da un gruppo cinese per un’azienda straniera. Dall’inizio del 2016, dunque in appena un mese, le imprese cinesi hanno investito oltre frontiera ben 68 miliardi di dollari, una cifra senza precedenti. Se la Borsa traballa, le aziende cinesi preferiscono impiegare i propri fondi in acquisizioni internazionali dotate di prospettive industriali.
Prima dell’annuncio dell’offerta di ChemChina, il record per gli investimenti all’estero era detenuto dal gruppo del greggio offshore di Pechino, China National Offshore Oil Corporation (Cnooc) che a febbraio 2013 aveva ufficializzato l’acquisto del gigante canadese del greggio Nexen, provocando la dura reazione del governo di Ottawa che aveva annunciato nuove regole per gli investimenti di gruppi statali stranieri nei confronti di aziende locali. La cifra concordata all’epoca, 15,1 miliardi di dollari, era comunque molto inferiore a quella oggetto delle ultime trattative di oggi tra la societa’ svizzera e il gruppo presieduto da Ren Jianxin, che l’anno scorso ha rilevato Pirelli per 7,3 miliardi di euro, quinto affare di sempre di un gruppo cinese all’estero.
L’ultimo grosso investimento cinese di un gruppo statale cinese all’estero risale a pochi giorni fa: Cosco, il gigante delle spedizioni marittime cinesi (China Ocean Shipping Company) ha ufficializzato l’accordo per una quota di controllo del porto del Pireo, in Grecia. L’affare concluso con l’agenzia per gli investimenti del governo greco vale 368,5 milioni di dollari. Subito dopo e’ stata di nuovo a ChemChina a fare parlare di sé, con l’acquisizione del gruppo tedesco KraussMaffei per 925 milioni di euro, e una partecipazione del 12% in Mercuria, uno dei grandi gruppi per il trading di materie prime ed energia a livello globale, una mossa per diversificare il portafogli di investimenti del gruppo, come l’ha definita lo stesso Ren Jianxin.
A fare discutere, tra gli investimenti cinesi più recenti c’è anche l’acquisizione del maggiore quotidiano di Hong Kong, il South China Morning Post, da parte del colosso dell’e-commerce cinese, Alibaba. Il gruppo guidato da Jack Ma ha concluso l’affare con la famiglia di origini malesi Kuok, la precedente proprietaria, per 266 milioni di dollari e ha rassicurato il gruppo che gestisce il giornale che non verrà intaccata l’autonomia nelle scelte editoriali.
Gli investimenti cinesi all’estero sono una realtà in crescita anche da prima della doppia iniziativa di sviluppo infrastrutturale della Nuova via della Seta e della Via della Seta Marittima lanciata dal presidente cinese, Xi Jinping. L’espansione all’estero era cominciata con il lancio negli scorsi anni del programma «China Go Abroad» per l’internazionalizzazione delle imprese cinesi. Nel 2014, il volume degli investimenti cinesi all’estero aveva superato per la prima volta quota cento miliardi di dollari e lo scorso anno gli investimenti diretti esteri cinesi hanno raggiunto quota 118 miliardi di dollari, in crescita del 14,7% rispetto al 2014 e per il tredicesimo anno consecutivo in aumento, a un ritmo del 33,6% annuo, secondo le stime del Ministero del Commercio di Pechino. Come spiegano gli esperti cinesi, il programma di internazionalizzazione delle imprese dovrà servire a creare una sorta di piattaforma per aumentare la presenza dei gruppi cinesi nell’economia globale.
Oggi, la crescita degli investimenti cinesi all’estero si concentra soprattutto nelle economie del sud-est asiatico, negli Stati Uniti e nei Paesi indicati come Obor (One Belt One Road), il nuovo acronimo degli Stati che sorgono lungo la Nuova Via della Seta, l’iniziativa cinese per gli investimenti in infrastrutture tra Cina ed Europa: gli investimenti nei 49 Paesi presi in considerazione sono aumentati del 18,2% rispetto al 2014, e contano oggi per il 12,6% del totale. A pesare maggiormente nelle operazioni di investimento, sono soprattutto le operazioni di fusioni e acquisizioni, 593 in tutto nel 2015, guidate proprio dall’affare Pirelli, che hanno superato quota 40 miliardi di dollari lo scorso anno, e i contratti per i progetti all’estero, che hanno raggiunto quota 210 miliardi di dollari, al 9,5% di crescita annua.
Non sempre i grandi investimenti portano i frutti sperati. È il caso, per esempio, dei problemi a cui sta andando incontro Cnooc in Canada. Il gigante cinese del greggio offshore, scriveva nel luglio scorso il Wall Street Journal, ha ereditato soprattutto guai dall’acquisizione di Nexen, che si sono sommati al calo del prezzo del greggio sui mercati: profitti molto al di sotto delle attese, sotto-produzione dai giacimenti di sabbie oleose nell’Alberta e i danni ambientali provocati da una forte perdita di greggio lo scorso anno costituiscono incidenti di percorso che il gruppo cinese non aveva messo nel conto, a cui si sommano le perdite di 400 posti di lavoro tra Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna per la chiusura di Nexen Energy. Il crollo del prezzo delle materie prime ha inciso negativamente anche su un’altra maxi-acquisizione recente, quella ufficializzata nel 2014 per 5,85 miliardi di dollari delle miniere di rame peruviane di Las Bambas da parte del consorzio a guida cinese Mmg: secondo le ultime stime, le miniere peruviane dovrebbero produrre duecentomila tonnellate di rame quest’anno e raddoppiare la cifra nel 2017, ma i prezzi del rame sono oggi ai minimi degli ultimi sei anni.

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