16 Settembre 2024

Pubblicato il “Country report 2024” con le raccomandazioni sulle «politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio dell’Italia». L’Ue boccia senza appello il ddl Calderoli: “Rischio di aumento disuguaglianze regionali»

«La devoluzione di ulteriori competenze alle regioni italiane comporta rischi per la coesione e le finanze pubbliche del Paese». La Commissione europea boccia senza appello il disegno di legge sull’autonomia differenziata. E lo fa proprio nelle stesse ore del voto finale alla Camera rendendo noto il “Report annuale sulle economie nazionali”. Report che dedica un paragrafo proprio al ddl Calderoli facendo riferimento al testo che era stato approvato in Senato, chiaramente, ma che in soldoni è stato confermato alla Camera.
Ieri la Commissione ha reso noto il “Country report 2024” con le raccomandazioni sulle «politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio dell’Italia». Nel paragrafo sulle riforme ecco la stoccata all’autonomia differenziata voluta dal governo Meloni e da ieri legge in attesa della firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Scrive la Commissione: «Nel gennaio 2024 il Senato ha approvato la legge per l’attuazione dei livelli differenziati di autonomia delle regioni a statuto ordinario, che potranno richiedere fino a 23 competenze aggiuntive e trattenere le risorse corrispondenti. Il disegno di legge include alcune tutele per le finanze pubbliche, come le valutazioni periodiche delle capacità fiscali regionali e i requisiti per i contributi regionali per raggiungere gli obiettivi fiscali nazionali. Tuttavia sebbene assegni specifiche prerogative al governo nel processo negoziale, non fornisce alcun quadro comune per valutare le richieste regionali di competenze aggiuntive».
La Commissione è preoccupata quindi per l’aumento delle diseguaglianze che l’autonomia così progettata rischia di portare al Paese: «Le regioni potranno richiedere competenze aggiuntive — si legge nel report — solo una volta definiti i corrispondenti “livelli essenziali di servizi”. Poiché i Lep garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori vi sono ancora rischi di aumento disuguaglianze regionali».
Ma è proprio sul futuro dell’architettura istituzionale dell’Italia e sulla tenuta dei saldi contabili che la Commissione ha timori: «La devoluzione di poteri aggiuntivi alle regioni su base differenziata aumenterebbe anche la complessità istituzionale, comportando il rischio di costi più elevati sia per il settore pubblico che per quello privato».
Il report ribadisce l’allarme lanciato da enti di ricerca italiani, come la Svimez, sul tema dei maggiori investimenti che invece sarebbero necessari per consentire al Mezzogiorno di competere con altre aree del Paese: «Le capacità amministrative e tecniche delle pubbliche amministrazioni restano un ostacolo critico per lo sviluppo delle regioni meridionali — continua il dossier — come rilevato da Svimez sul Pnrr».
La Commissione plaude alle azioni del governo Meloni che vanno invece in direzione opposta all’autonomia: «Alcune iniziative adottate a livello nazionale indicano un maggiore coordinamento centrale dell’azione politica, in particolare per il Sud. In generale una strategia industriale e di sviluppo per il Mezzogiorno migliorerebbe il valore aggiunto degli investimenti».

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