19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

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Il rapporto sulle finanze pubbliche: possibili choc alla crescita nominale e ai tassi d’interesse

In Italia «è necessaria una forte determinazione nel miglioramento della posizione di bilancio per assicurare il rispetto della regola del debito» perché a bocce ferme, nei prossimi anni il Paese ha un «rischio per la sostenibilità molto elevato». A dirlo è la Commissione europea attraverso il rapporto annuale sullo stato della finanza pubblica nell’Unione europea.

A PRIMAVERA GIUDIZIO SULLA MANOVRA  – Il rapporto pubblicato oggi non è il giudizio definitivo sulla legge di bilancio 2016, atteso per la primavera, ma un’analisi Paese per Paese e a livello aggregato (Ue ed Eurozona) della situazione della finanza pubblica. L’analisi indica, sostanzialmente, che nel 2017 per rispettare la regola del debito l’Italia dovrebbe riprendere la “corsa” normale dell’aggiustamento di bilancio dopo due anni di flessibilità.

“DAL 2017 RISPETTARE LA REGOLA DEL DEBITO”  – Nelle due pagine del rapporto europeo sulla situazione italiana non si fa riferimento né alle richieste italiane per avere il massimo di flessibilità nei conti pubblici su riforme, investimenti e spese per la crisi dell’immigrazione, né ai contenuti specifici della “finanziaria” 2016, sulla quale la Commissione si pronuncerà presumibilmente all’inizio di maggio. Però dall’analisi della sostenibilità delle finanze pubbliche nazionali possono essere distillate alcune conseguenze, almeno sul piano analitico. E la prima indicazione è appunto quella che dal 2017, per rispettare la regola del debito che prescrive di ridurlo in modo costante e secondo certi parametri, l’avanzo primario strutturale dovrebbe essere più alto di quanto previsto nel 2017.

NIENTE FLESSIBILITA’ PERMANENTE  – Ciò implica, stando all’analisi economica presentata oggi, che l’Italia dovrebbe sostanzialmente aumentare lo sforzo di bilancio, probabilmente tornando dopo il 2016 alla riduzione annuale attorno allo 0,5% del Pil e forse un po’ più alta, riduzione sospesa a causa della recessione prima e degli sforzi di riforma strutturale e per la spesa di investimento. Una prospettiva che appare in controtendenza con l’ipotesi italiana di una “flessibilità permanente” nella valutazione del consolidamento di bilancio.

I DATI  – Gli economisti della Dg Ecfin rilevano che secondo le stime europee di autunno in Italia si registra un calo «significativo» di circa 1,5% del Pil dell’avanzo primario dal picco del 4% registrato nel 2013, al 2,5% previsto nel 2017. «Se la convergenza del bilancio in termini strutturali verso l’obiettivo di medio termine (pareggio – ndr) fosse rispettato, sulla base del patto di stabilità e in linea con gli aggiustamenti di bilancio previsti dalla comunicazione sulla flessibilità, il debito pubblico italiano diminuirebbe in modo più sostanziale che non nelle proiezioni di base, fino a quasi il 100% del pil nel 2026 (10 punti percentuali meno dello scenario a bocce ferme), tuttavia ciò richiederebbe un avanzo primario strutturale significativamente più alto di quanto previsto». Più alto appunto di 1,3% del pil negli anni 2017-2026.

I DUE SCENARI  – È perché attualmente non è previsto un percorso di questo genere che gli economisti di Bruxelles mettono l’Italia nella “casella” di un’economia a rischio di sostenibilità nel medio termine, e non a breve (entro l’anno) e nel lungo termine.

BREVE TERMINE – Nel corso del 2016 l’Italia non presenta problemi in relazione ai rischi di sostenibilità nonostante debito lordo e netto e bisogno di finanziamento dello Stato in percentuale del pil «possano rappresentare delle sfide a breve termine». Bruxelles sottolinea che «mentre la dimensione dello stock del debito pubblico è critica, la struttura del suo finanziamento sia in termini di scadenze che di provenienza dei creditori (residenti e non) non solleva problemi di rischio a breve». Pesano però le sofferenze bancarie, ma su questo il rapporto non si sofferma nel dettaglio.

MEDIO TERMINE – L’analisi di sostenibilità per l’Italia mostra che, in condizioni economiche normali con l’avanzo primario strutturale (il totale delle entrate è superiore al totale delle spese al netto degli interessi sul debito pubblico) al livello dell’ultimo anno nel periodo della previsione, il debito italiano continuerebbe a ridursi a sotto il 125% del pil nel 2020 e a circa il 110% nel 2026 (ultimo anno della proiezione). Tale riduzione di circa il 20% del debito/pil in dieci anni dipenderebbe da un avanzo primario costante al 2,5% del pil dal 2017 al 2026.

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