Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
Giorgia Meloni (FdI) punta il dito su Matteo Renzi e su Palazzo Chigi. L’ex premier dem dice che se l’esecutivo cade non si va alle urne. Ma dal Quirinale arrivano segnali chiari
Comincia a prendere forma quello che il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, definisce «un bluff». La crisi del governo di Giuseppe Conte rimane solo virtuale. E l’offensiva di Matteo Renzi tende a ridursi a trattativa, mentre per ora tramonta la manovra di una parte del Pd tesa a spaccare la sua Iv: rimane sullo sfondo come monito a non tirare troppo la corda. Dalle vacanze sulle piste da sci pakistane, Renzi fa sapere che se l’esecutivo cadesse, se ne farebbe un altro. Niente elezioni anticipate: messaggio destinato probabilmente ai suoi parlamentari spaventati dalle urne.
In realtà, sia Conte che Renzi sono in qualche misura obbligati a fingere di non avere litigato e di non avere esagerato: il primo con l’accusa a Iv di essere la vera opposizione, invece di quella di destra; il secondo con una strategia a tavolino tesa, almeno nelle intenzioni, a logorare la maggioranza: anche se finisce per mettere alle corde in primo luogo Iv. L’ex premier forse comincia a capire che se il governo va in crisi, il successivo porterebbe rapidamente il Paese alle elezioni. D’altronde, il Quirinale continua a mandare segnali inequivocabili.
Non a caso ha smentito le voci, provenienti dal governo, che cercavano di tirarlo impropriamente dentro manovre e alchimie parlamentari. Non significa che l’esecutivo stia recuperando compattezza politica. Rimane debolissimo, ma per paradosso questa è la sua assicurazione sulla sopravvivenza. A parte forse il Pd, nessuna forza ha convenienza a interrompere la legislatura. Non un M5S tuttora in caduta libera; e non Iv, alla ricerca scomposta di una visibilità, che invece produce ulteriori diffidenze verso il suo leader e le sue vere intenzioni.
Questo prescinde dalla fondatezza delle sue riserve sulla sospensione della prescrizione. Sempre più spesso le mosse renziane sono percepite come strumentali, e indeboliscono anche le cause migliori. Il saldo delle polemiche lascia dunque lividi politici destinati a non scomparire presto. L’uscita del dem Goffredo Bettini su un allargamento della maggioranza è stata maldestra. E ha fornito a Iv il pretesto per dire che vogliono «cacciarlo» dal governo. Si accentua la sensazione che M5S e Pd stiano faticosamente cercando di costruire un’intesa, mentre Iv è intenzionata a smarcarsi: sebbene non fino al punto di rompere.
Ma il punto di non ritorno si può presentare a sorpresa: anche perché le punzecchiature contro il Pd e Conte continuano. Il ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, e altri renziani, sostengono che il partito di Nicola Zingaretti «si sta consegnando al populismo del M5S». Eppure, il sospetto è che Iv esasperi questa tesi per ritagliarsi un ruolo, non per rompere. Le opposizioni, però, martellano. «Renzi dice che sono pronti a lasciare gli incarichi di Governo in un minuto? Cosa aspetta? Il minuto è già passato da un pezzo», incalza il leghista Roberto Calderoli. Sa bene perché Iv aspetta: chi oggi la invita alla crisi, appena la otterrà spingerà al massimo per le elezioni.