Fonte: La Stampa
di Nicla Panciera
Il 61% dei laureati sono donne, ma fra le accademiche solo il 10% diventa professore ordinario. I dati in uno studio presentato a Trento
In Italia, il 70% delle donne in accademia è assegnista di ricerca o ricercatrice e solo il 10% è professore ordinario. Eppure, il 61% dei laureati sono donne. Al contrario, la distribuzione degli uomini mostra che solo il 51% occupa posizioni di assegnista o ricercatore, e ben il 25% è professore ordinario. Si chiama “soffitto di cristallo” (glass ceiling) ed è quella barriera apparentemente invisibile, sociale culturale e psicologica, che preclude alle donne, che pur affollano e con successo le aule universitarie, l’accesso alle posizioni apicali della carriera accademica. Sono alcune delle imbarazzanti statistiche che riguardano il nostro paese, nonostante le crescenti iniziative dedicate a ridurre la discriminazione di genere nelle discipline scientifiche.
Questi e altri dati provenienti dal Consiglio Europeo della Ricerca, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Anvur, Joanneum ed Eurostat sono stati elaborati e resi visualizzabili nel progetto “Donne&Scienza” presentato a Trento, nel corso di un evento pubblico organizzato in concomitanza con il 103° congresso nazionale della Società Italiana di Fisica (SIF) e dei 120 anni di vita della Società.
Le difficoltà di avanzamento di carriera delle donne sono spesso connesse a una loro presunta minore competitività e produttività. I dati mostrano che le donne meno spesso degli uomini sono riconosciute come le responsabili scientifiche di una pubblicazione di ricerca. Inoltre, nella competizione per l’accesso ai fondi di ricerca le ricercatrici hanno minori tassi di vittoria rispetto agli uomini, insomma partono già svantaggiate. Molti degli abbandoni delle carriere scientifiche e del lavoro accademico sono legati alle condizioni difficili delle donne le quali, molto più degli uomini, si trovano a dover conciliare tra impegni fuori e dentro casa.
Secondo Francesca Sartori, docente del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento, le ragioni di questa marcata disparità trovano origine nei modelli culturali diffusi nella nostra società. In famiglia, a scuola, nei mezzi di comunicazione, gli stereotipi sono ovunque e condizionano pesantemente lo sviluppo delle bambine e la loro vita futura.
«In questa direzione l’orientamento scolastico e gli interventi già in età prescolare e scolare possono svolgere un ruolo fondamentale – ha spiegato la professoressa – Un passo importante può essere l’investimento in formazione sulle questioni di genere rivolto al corpo insegnante perché possa svolgere un’attività di orientamento più equilibrata ed efficace». Serve un ambiente sociale in cui le ragazze non solo non siano penalizzate, ma in cui possano immaginarsi con un camice e una pipetta in mano o il futuro che desiderano.
Del “soffitto di cristallo” si parla da almeno due decenni e, dopo qualche miglioramento iniziale, ora sembra esserci addirittura un’inversione di tendenza. La vera domanda è, quindi, quanto tempo ancora ci vorrà ancora per raggiungere la parità a questo ritmo?