Fonte: Corriere della Sera
di Sergio Romano
Nell’epoca dei grandi nazionalismi, fra il XIX e il XX secolo, la doppia cittadinanza, in molti Paesi, era incompatibile con il sentimento di totale lealtà che le nazioni pretendevano dai loro figli. Oggi i Paesi che la permettono, anche se con alcuni limiti, sono più numerosi
Le cronache segnalano che un membro del governo australiano di origine italiana ha dovuto dimettersi perché la costituzione del Paese non permette che un ministro o un parlamentare federale abbiano la doppia cittadinanza. Matthew Canavan non è mai stato in Italia e dice di ignorare che la madre, nata nel «bel Paese», avesse chiesto e ottenuto per il figlio un passaporto italiano. Ma il suo caso non è isolato. Altri quattro parlamentari australiani, quasi contemporaneamente, hanno scoperto di essere nella stessa situazione e si sono dimessi o sospesi in attesa che un giudice si pronunci sul loro status.
In altri tempi la notizia non avrebbe sorpreso. Nell’epoca dei grandi nazionalismi, fra il XIX e il XX secolo, la doppia cittadinanza, in molti Paesi, era incompatibile con il sentimento di totale lealtà che le nazioni pretendevano dai loro figli. Oggi i Paesi che permettono la doppia cittadinanza, anche se con alcuni limiti, sono più numerosi. Dopo la seconda guerra mondiale, il numero delle doppie nazionalità è stato notevolmente accresciuto dal declino dei nazionalismi aggressivi, dalla globalizzazione e dal rimpicciolimento del pianeta. Esistono ancora Paesi europei che non amano la doppia nazionalità, come l’Austria, ma questa forma di nazionalismo geloso e occhiuto è soprattutto una prerogativa dei Paesi post-coloniali, in Africa e in Asia.
E l’Italia? È uno dei Paesi più liberali, ma ha adottato il criterio della doppia nazionalità per meglio perseguire un obiettivo nazionale. Con una legge del 1992 ha deciso che l’acquisto di un nuova nazionalità non ha per effetto la perdita della cittadinanza italiana e, contemporaneamente, che possono diventare italiani tutti gli stranieri che hanno un avo italiano. Non basta. Per gli italiani all’estero (circa 5 milioni) sono stati creati speciali collegi elettorali: una decisione che ha infastidito parecchi governi stranieri e sollevato qualche dubbio sulla correttezza di alcune elezioni.