Questo fine settimana chiuderanno le ultime tre centrali nucleari ancora attive, e la Germania dirà addio all’energia atomica: a deciderlo era stata l’allora cancelliera Merkel, nel 2011. E il suo successore «frena» sulla difesa dell’ambiente – per ipotecare le prossime elezioni
Questo fine settimana chiuderanno le ultime tre centrali nucleari tedesche ancora attive e la Germania dirà addio all’energia atomica, come deciso dall’allora cancelliera Angela Merkel nel 2011 dopo il disastro nucleare di Fukushima, in Giappone.
Il governo di Olaf Scholz ha respinto mercoledì 12 aprile le richieste di un ulteriore rinvio della chiusura dei reattori Emsland, Neckarwestheim e Isar II, già rimandata a causa della crisi energetica conseguente all’invasione russa dell’Ucraina (inizialmente era prevista per il 31 dicembre 2022). I politici dell’opposizione e persino alcuni membri dei Fdp, il partito liberale che fa parte dell’alleanza di governo, volevano prorogare ancora l’uso delle centrali atomiche. «L’abbandono del nucleare entro il 15 aprile, cioè questo sabato, è un fatto compiuto», ha dichiarato Christiane Hoffmann, portavoce di Scholz.
Le centrali nucleari producono circa il 5% dell’elettricità del Paese, ma la Germania è ancora alla ricerca di un luogo dove stoccare in modo permanente e sicuro quasi 2.000 contenitori di rifiuti altamente radioattivi per migliaia di generazioni.
I critici sostengono che lo spegnimento delle centrali nucleari priva ora la Germania di una fonte di energia a basse emissioni e impone al Paese di continuare a gestire impianti a combustibili fossili che contribuiscono pesantemente al cambiamento climatico.
L’opposizione all’energia nucleare è da sempre un cavallo di battaglia dei Verdi, ma il fatto che questa sia sostituita con un fonte più inquinante per quanto riguarda i gas serra minaccia la transizione verde che il partito ambientalista vuole portare a termine. Beate Baron, la portavoce del ministro dell’Economia Robert Habeck (e leader dei Verdi), ha dichiarato che il governo vuole introdurre gradualmente l’uso dell’idrogeno, che può essere prodotto senza emissioni di gas a effetto serra e alimentato rapidamente nei giorni in cui il sole o il vento sono troppo scarsi per produrre energia rinnovabile.
La protezione del clima è un tema particolarmente spinoso per il governo tedesco: nelle ultime settimane sono emerse profonde fratture tra socialdemocratici, liberali e ambientalisti sulla politica ambientale e le priorità nell’affrontarla.
La sintesi di Anton Hofreiter, ex capogruppo del partito ambientalista tedesco al parlamento federale, è lapidaria: «La Spd di Scholz non è più la naturale alleata dei Verdi» ha detto in un’intervista alla Welt am Sonntag pubblicata a Pasqua. È questo il vero esito, disastroso per il partito di Robert Habeck e Annalena Baerbock, ma carico di conseguenze anche per la politica europea, del Koalitionsausschuss, il «comitato di coalizione» durato trenta ore spalmate su tre giorni, la maratona che alla fine di marzo ha riunito i partiti di governo tedeschi — socialdemocratici della Spd, ambientalisti dei Verdi e liberali della Fdp, la cosiddetta «alleanza semaforo» per i colori delle tre forze politiche — per discutere di come proseguire su alcuni temi cruciali dopo poco più di un anno al potere.
Ufficialmente il comitato di coalizione ha deciso una modifica degli obiettivi climatici del governo, un finanziamento miliardario per le linee ferroviarie e l’ampliamento di 144 autostrade.
In realtà ha sancito il cambiamento degli equilibri interni al governo Scholz, e forse anche del prossimo governo tedesco, quello che, se tutto andrà come deve andare, uscirà dalle elezioni del 2025. Perché Olaf Scholz, che si era definito «il cancelliere del clima», ha ammorbidito gli obiettivi climatici stabiliti dal governo Merkel. La legge approvata nel 2019 specificava il taglio di anidride carbonica che doveva essere raggiunto ogni anno nei singoli settori (come industria, agricoltura o trasporti) e obbligava i ministri che non li avevano raggiunti a intervenire subito. Adesso non sarà più così: il governo deve intervenire solo se non raggiunge gli obiettivi per due anni di seguito e quello che conta è il taglio globale, non che ogni ministero rispetti la sua quota. È un regalo soprattutto per il ministro liberale dei trasporti (che era indietro rispetto ai suoi obiettivi) e un pugno in faccia ai Verdi.
Il partito ambientalista inoltre ha dovuto accettare un compromesso anche sulla sostituzione degli impianti di riscaldamento: il governo ha stabilito che dal 2024, se possibile, ogni nuovo impianto di riscaldamento dovrà essere alimentato per il 65% minimo da energie rinnovabili, ma che questo dovrà avvenire con un approccio «socialmente giusto» e «aperto alla tecnologia» e la transizione sarà in parte finanziata con il fondo per il clima e la trasformazione. Una formulazione vaga che ha dato adito a molte critiche («Sulla questione del riscaldamento ci sono solo affermazioni generiche, nessuna risposta. Tutte le questioni sono aperte. Lo scontro continuerà» ha detto il portavoce della Cdu per le politiche climatiche ed energetiche, Andreas Jung.
La frenata sulla politica climatica è dovuta soprattutto al cancelliere Olaf Scholz, che — ricostruiscono i media tedeschi — promette molto su questo tema ma in concreto è estremamente cauto e più vicino appunto alle posizioni dei liberali che dei Verdi. Per visione politica ma anche per strategia elettorale.
La prima è emersa durante il confronto nella coalizione, come riportato da diversi media tedeschi. «Nel campo socialdemocratico, il mantra era: nessuna protezione del clima contro la maggioranza della popolazione. Portate tutti con voi, comprese le regioni rurali, ammortizzate l’impatto sociale, proteggete i posti di lavoro nell’industria. Per sottolinearlo, si è parlato di un movimento di gilet gialli come in Francia. Sempre più spesso, il riferimento al Partito degli agricoltori dei Paesi Bassi compare nel circolo. Il Movimento contadino-cittadino BBB ha vinto le elezioni provinciali di metà marzo quasi dal nulla» scrive la Süddeutsche Zeitung. Anche il settimanale Spiegel ricostruisce la trattativa nel governo in termini simili: «La migliore protezione del clima non serve a nulla se non si porta con sé la gente, dice Scholz. Non è un’affermazione scontata. Ma è inequivocabile. Ciò che diventa chiaro questa notte: il Cancelliere sembra deciso ad adottare una linea più morbida sulla protezione del clima. Teme una grande resistenza sociale, indica i Paesi Bassi, dove le proteste dei contadini stanno attualmente scuotendo il sistema dei partiti».
Poi c’è la strategia elettorale. «Molte delle considerazioni strategiche dell’Spd e dei suoi leader intorno a Scholz ruotano già intorno al progetto “Olaf 2025”, le prossime elezioni del Bundestag. Scholz potrebbe avere una possibilità di un secondo mandato solo se l’Fdp rimanesse nel Bundestag e diventasse il più forte possibile. E riuscisse a riconquistare elettori dalla Cdu/Csu. Pertanto, era nel suo interesse elementare stabilizzare l’Fdp, cosa che era evidente in questo momento. È stato fortunato che la Cdu fosse guidata da Friedrich Merz, che non rappresentava certo un’alternativa migliore per i Verdi. Merz dovrebbe semplicemente diventare il candidato cancelliere e la Spd dovrebbe tornare a rafforzarsi» scrive ancora la Süddeutsche (alle ultime elezioni locali, prima del comitato di coalizione, la Fdp aveva avuto invece risultati disastrosi). Scholz ha già vinto le ultime elezioni (a sorpresa) proprio ponendosi come un grande mediatore, un moderato tranquillo che non si fa trascinare dagli eccessi degli altri partiti, un campione di equilibrio in tempi già troppo agitati.
I grandi perdenti di questa equazione sono i Verdi: «Per i Verdi si tratta di una pesante sconfitta. Improvvisamente sono tornati i dubbi su se stessi e ci si è chiesti se il co-governo sia davvero vantaggioso per loro e per il Paese, o se invece faccia più male. Le lotte hanno trasformato i Verdi nel partito che non avrebbero mai voluto essere, in una forza che conosce solo una questione e che si concentra su di essa: la protezione del clima. All’improvviso sono di nuovo visti come radicali, un’attribuzione che pensavano di aver superato da tempo nel loro auspicato cammino verso la trasformazione in un partito popolare» nota lo Spiegel. L’ala sinistra del partito ha dichiarato battaglia e sta discutendo su come reagire in queste ore. La permanenza degli ambientalisti nel governo ora è più a rischio.
Si è affievolito anche l’impegno tedesco per il clima. La lotta al cambiamento climatico richiede misure radicali e grandi risorse. Se neppure un Paese ricco e motivato come la Germania pensa di potersele (politicamente) permettere, è ancora più difficile che possano riuscirci gli altri.