19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

Siria - Raqia Hassan

di Viaviana Mazza

Da Raqqa Raqia Hassan raccontava l’ostilità dei civili contro l’Isis ma anche il senso di oppressione e terrore causato dai bombardamenti stranieri

Raqia Hassan è stata uccisa per ciò che scriveva: perché tentava di raccontare ciò che accade davvero nella capitale del Califfato e lo faceva con un incrollabile senso dell’umorismo e, sempre, con un pizzico di speranza. E’ stata uccisa per ciò che rappresentava: una voce indipendente.

Trentenne, curda, appare nelle foto con il velo sul capo e un rossetto rosa acceso sulle labbra. Si era unita subito alla rivolta contro Assad nel 2011 e più tardi aveva rifiutato di lasciare la città di Raqqa trasformata dall’Isis nella propria capitale, trovandosi così a combattere due nemici: il regime e gli estremisti. C’è chi ha detto che Raqia è la prima citizen journalist donna uccisa dagli uomini del Califfo, ma gli attivisti del gruppo “Raqqa viene uccisa in silenzio” (che di recente hanno perso diversi dei propri membri) sostengono che ce ne sono state altre prima di lei.

Nei suoi post esprimeva l’ostilità dei civili contro l’Isis ma anche il senso di oppressione e terrore causato dai bombardamenti stranieri, e notava i dubbi della gente sull’efficacia delle operazioni Esercito siriano libero. A nessuno nel conflitto siriano piacciono le voci indipendenti.

Moltissimi citizen journalists sono caduti a decine dal 2011 ad oggi. Nel 2015 il Syrian Network for Human Rights ne ha contati 94, e addita come responsabili soprattutto l’Isis e il regime di Assad (il primo annuncia pubblicamente i suoi crimini, il secondo li nasconde), ma anche altri gruppi ribelli. Il gruppo lamenta anche alcuni casi in cui i curdi hanno arrestato dei giornalisti. A nessuno piacciono le voci indipendenti.

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