Fonte: La Stampa
Il premier in Parlamento: «Siamo riusciti a dare una lezione di dignità al mondo». Scontri in piazza, e il governo perde pezzi: lascia anche il vice ministro delle Finanze
All’una di notte la Grecia è salva. Alexis Tsipras vince la battaglia per la sopravvivenza del suo governo e del suo Paese con 229 sì e 64 no. Si è presentato in aula alla Camera all’ultimo momento, dopo essere stato chiuso nella stanza del governo per un paio d’ore. Ha ascoltato tutti gli interventi dei suoi deputati, dell’opposizione che ha deciso di sostenerlo poi, quasi a mezzanotte, ha preso la parola. «Sono orgoglioso di essere qui a lottare per il futuro del mio Paese. Contro di noi ci sono forze grandi, siamo un piccolo popolo che lotta per le sue ragioni. Siamo riusciti a dare una lezione di dignità a tutto il mondo».
Tsipras smette i panni di premier incerto di un governo confuso, e improvvisamente si ritrova il leader costretto a «parlare il linguaggio della verità». Tsipras ammette che «la manovra è dura», ammette di avere avuto di fronte a sé tre opzioni: «L’accordo, il fallimento, o la proposta di Schäuble». Lancia una serie di messaggi ai suoi deputati, che alla fine voteranno in 110 su 149 per il sì. Perde per strada il voto di tre big del partito, due dei quali ministri, e di Yanis Varoufakis, che sibila un no. Il governo regge, ma probabilmente sarà costretto ad un rimpasto.
La pressione della piazza non ha prevalso. Durante la discussione, poco dopo le 21, in piazza Syntagma si accende la protesta che con puntuale ritualità scandisce i momenti più delicati della storia greca. Un gruppo di anarchici in nero, armati di caschi ed estintori, fa irruzione nella piazza con bombe carta e petardi. Uno di loro riesce a salire fino al terrazzo di fronte al Parlamento prima di essere placcato dalle squadre speciali della polizia. Quando l’aula si riunisce Alexis Tsipras non c’è. Poco prima il premier greco era intervenuto alla riunione dei deputati per dire l’unica cosa per lui possibile: «Se qualcuno ha una soluzione alternativa, me lo dica. O votate il piano, o me ne vado». Il nuovo ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos è seduto in mezzo ai colleghi. Ammette che la notte di lunedì scorso, quella passata al tavolo con Angela Merkel, è stata «la più difficile» della sua vita. Se Varoufakis era genio e sregolatezza, Tsakalotos è un vero togliattiano, realista e pragmatico, l’uomo che – col senno del poi – Tsipras avrebbe voluto avere al suo fianco sin dal primo giorno di premiership.
Il partito applaude il suo leader, ma è ormai spaccato in due tronconi. In mattinata il comitato centrale di Syriza – ultimo richiamo alla eredità comunista – aveva votato con 109 voti su 201 il no all’accordo. Ma nessuno vuole assumersi la responsabilità di mandare il governo a casa. La strada preferita è quella dei distinguo. Si dimette la numero due del Tesoro Nantia Valavani. La presidente dell’aula Zoe Konstantopoulou tenta di ritardare la discussione, poi viene convinta a lasciare la direzione dei lavori al vice, fedele al premier. Il ministro del lavoro Panos Skurletis si fa vedere in mezzo ai giornalisti per spiegare che lui è per il no, ma che non lascerà il governo. Non solo: se per un caso del destino la maggioranza fosse in pericolo, allora non esiterebbe a votare sì. I lealisti cercano di convincere i deputati uno a uno. Da Bruxelles è stato recapitato un messaggio di preoccupazione: se Syriza dovesse uscire a pezzi dal voto, se la maggioranza al piano fosse garantita solo dall’opposizione, convincere i tedeschi a proseguire con il piano di aiuti diventerebbe sempre più complicato.
Gli impegni
L’impegno preso con l’Ue è di approvare entro la mezzanotte un primo pacchetto di misure: riforma dell’Iva, introduzione di meccanismi automatici per il taglio della spesa in caso di sforamento dagli obiettivi di bilancio, riforma dell’Istituto di statistica. Tsipras rinvia di qualche giorno la riforma delle pensioni, nella speranza che l’Europa comprenda la difficoltà del momento. Ma in compenso nel pacchetto entra subito l’approvazione della direttiva sul «bail-in» delle banche, quella che prevede, se necessario, il taglio dei conti correnti oltre i centomila euro. Alle dieci di stamattina l’Eurogruppo prenderà atto del sì e probabilmente la Banca centrale europea si riunirà per decidere un aumento della liquidità a favore delle banche greche, chiuse ormai da due settimane. Kiriakos Mitsotakis, giovane erede di una nota stirpe di politici democristiani, dice la verità che tutti tacciono: in 14 giorni sono andati in fumo 25 miliardi di euro.