22 Novembre 2024
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Per il Censis si tratta di «un macigno che potrebbe mandare in default 184 mila imprese»

La “Guerra dell’energia”, come la chiama il Censis (che ha elaborato uno studio per Confcooperative partendo dalle ultime stime del Fondo monetario), potrebbe costarci molto cara. La fiammata dell’energia prima, e la crisi provocata dalla guerra poi, quest’anno rischia infatti di incenerire 3% del Pil. “Un macigno che potrebbe mandare in default 184.000 imprese che danno lavoro a 1,4 milioni di persone» avverte il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini.
In pratica il 10,5% degli addetti delle imprese italiane è a rischio e con loro il 10,9% del valore aggiunto. La maggiore l’incidenza di imprese “parzialmente o seriamente a rischio” si ha nel settore dei servizi (20,5%) e, rispetto alla dimensione di imprese, tra quelle più piccole, arrivando a toccare il 21,3% in quelle che hanno da 3 a 9 addetti. A fronte di una media generale del 19,2%, nell’industria il rischio-crisi interessa il 16% delle attività (16,2% nel campo della manifattura), mentre nelle costruzioni è al 16,3%.
Secondo l’analisi del Censis il 29,8% delle nostre imprese – oltre 285mila, di cui 221mila imprese del terziario – non è in grado di recuperare i livelli di capacità produttiva precedenti la pandemia. Il 61,7% è già tornato a un regime produttivo in linea con i livelli pre pandemia (il 65,1% nell’Industria, il 60,2% nei servizi), mentre l’8,5% (circa 82mila imprese) ha già superato la fase critica con un incremento della capacità produttiva rispetto a due anni fa, anche se nel terziario la quota scende al 6,7% e nell’industria supera il 12%, così come minore è l’incidenza fra le piccole imprese (il 6,6% nella classe 3-9 addetti) e maggiore fra le più grandi (il 23,9% nella classe con almeno 250 addetti).
«Per il caro energia il Fondo monetario, nel periodo prebellico, aveva stimato una contrazione del Pil pari all’1,5% a cui vanno aggiunti – spiega Gardini – gli effetti della guerra che rischiano di costarci almeno un altro 1,5% di Pil (fonte centro studi Confcooperative) tra rincari delle materie prime, difficoltà negli approvvigionamenti, mancato export verso la Russia, chiusura dei flussi turistici e peggiorate condizioni per la circolazione delle merci».
Insomma «è un’economia di guerra e occorrono misure di guerra» avverte il presidente di Confcooperative. Che lancia una proposta al governo: «Le imprese vantano circa 60 miliardi di crediti nei confronti della Pa. Le imprese creditrici potrebbero compensare il caro energia con i crediti vantati. La liquidazione sarà rimandata a un accordo tra Stato, Cdp, società energetiche e municipalizzate. Questo sarebbe particolarmente utile per la disponibilità di cassa delle imprese che si stanno indebitando per pagare la bolletta elettrica triplicata rispetto allo scorso anno -conclude Gardini -. Molti settori dall’agroalimentare al welfare sono alla canna del gas».

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