Il conflitto in Ucraina ci obbliga a fare i conti con noi stessi e ad ammettere che nel mondo non esistono pasti gratis. Non c’è pace senza esercito, non c’è sicurezza europea senza unione politica, non c’è sovranità senza autonomia energetica, non c’è libertà senza coraggio
Il titolo del maggior romanzo di Lev Tolstoj, Guerra e pace, racchiude con sintesi insuperabile la condizione umana. La guerra ha in sé il valore della pace: per sconfiggere Hitler, che diede fuoco a tutta l’Europa e al vecchio mondo che crediamo di avere alle spalle, si dovette fare la guerra. La pace ha dentro la guerra: per affermarci nella vita civile dobbiamo ogni giorno misurarci con conflitti, cadute, sconfitte con cui conosciamo i nostri limiti. Guerra e pace sono così consanguinee da essere sorelle gemelle: non c’è l’una senza l’altra. Lo Stato civile moderno — caratterizzato dalla legge e dal governo legale — non nasce dalla necessità di trarsi fuori dalla guerra di tutti contro tutti dello stato di natura?
È proprio tale condizione, che la mente isola e allontana da sé come l’evangelico calice amaro, che tutti abbiamo visto materializzarsi quando i carri armati di Putin hanno invaso l’Ucraina. In un primo momento siamo rimasti increduli: abbiamo rimosso, con un facile automatismo, la possibilità della guerra. Comprensibile: eravamo appena usciti a rivedere le stelle dopo due anni nella selva oscura della pandemia. Nemmeno il tempo di assaporare la primavera ed eccoci ancora in pieno inverno con, nientemeno, una guerra europea. Sembra, davvero, non esserci più pace.
I tempi pericolosi insegnano — per chi ha voglia di imparare — che la pace non è né un’eredità, né manna che scende dal cielo. È un processo di lenta e costante costruzione. Ecco perché la guerra in Ucraina è per noi (Europa e Italia) una grande lezione, insieme di realismo e di cultura. Ci obbliga a fare i conti con noi stessi e ad ammettere che nel mondo non esistono pasti gratis. Non c’è pace senza esercito, non c’è sicurezza europea senza unione politica, non c’è sovranità senza autonomia energetica, non c’è libertà senza coraggio. Quella che chiamiamo pace è, in fondo, come diceva Benedetto Croce, un’altra forma di guerra con noi stessi.