Fonte: La 27 ora
di Ilaria Capua
Il frequente scollinamento oltre lo spazio vitale inviolabile delle donne è stato parte integrante della storia dell’umanità. Forse la misura è colma, forse ancora no. Questo lo vedremo. Certo la società di oggi è anche frutto di questo gioco di potere esercitato da secoli. Nel bene e nel male. Di certo appare inquietante il numero di «coming out» che accusano di una interferenza non gradita nel loro spazio vitale. Ovvero, come se — soprattutto personaggi dello spettacolo e politici (e qui mi riferisco soprattutto agli Stati Uniti), ma anche professioni meno potenti — avessero costantemente avanzato specifiche richieste a donne subordinate per estorcere loro qualche favore, in cambio di un occhio di riguardo. Difficile essere oggettivi, poi.
Se la donna oggetto degli appetiti si mostra disponibile, è verosimile che ci sarà quell’occhio di riguardo. Se invece la donna si mostra indisponibile, l’occhio di riguardo si potrebbe trasformare in un occhio maldisposto. O addirittura malevolo.
Estraniandoci dal merito, è chiaro però che molte vite e carriere femminili potrebbero essere state influenzate da caratteristiche non collegate al merito. Si potrebbe pensare che altri fattori collegati alla vita privata di una persona potrebbero essere stati determinanti nell’aprire o nel chiudere una carriera. Ma basterebbe anche soffocarla o sostenerla, quella carriera. Chiamiamole distorsioni, che però hanno scalzato il merito. Scostamenti.
La società, contenitrice di molestatori e di vittime, come comunità astratta, deve qualcosa alle donne di talento. La società ha l’obbligo di non rendere più tollerabili le scelte professionali che scalzano il merito, anzi ha il dovere di investire per colmare quel vuoto. Deve restituire alle donne che meritano una dignità professionale che si radichi nella competenza e nella professionalità, e respinga gli stereotipi. Le donne che «ce la fanno» devono diventare la regola e non l’eccezione legata a una determinazione inarrestabile, a un colpo di fortuna, oppure a un impercettibile ma continuo abbrivio generato da vento soffiato in poppa. È oggi inevitabile ed essenziale dotare le donne di strumenti per appropriarsi del proprio ruolo e permettere loro di stabilire un rapporto paritario con l’altro genere. È un impegno che dobbiamo prendere per le nostre figlie e per le nostre nipoti. Ma soprattutto per il nostro Paese.
Un Paese che spende per l’istruzione gratuita e forma migliaia e migliaia di donne, sempre di più, fino ai massimi livelli educativi. Se quelle donne non riusciranno a mettere a frutto il loro talento sarà un pessimo investimento per lo Stato che ha pagato e non riscuote in produttività e creatività. Se quelle donne riusciranno ad affermarsi all’estero, sarà anche una sconfitta per il sistema e per le famiglie che si svuoteranno. E per una volta cominciamo dall’alto, dalla leadership. L’Università Ca’ Foscari di Venezia lo ha già fatto e lancerà la prima Women’s Leadership Academy in Italia. Voglio farle un augurio speciale. Che sia la prima di molte.