20 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Francesca Schianchi

«Stiamo facendo una legge elettorale che non capisce più nessuno, neanche voi riuscite a capire quando dovete mettere otto croci su cinque sei cose che non capite…». E’ nel mezzo del primo pomeriggio di discussione della legge elettorale nell’Aula della Camera, quando l’accordo tra i maggiori partiti in Commissione ha retto e tutto sembra filare liscio verso il voto anche in Aula, che le parole di Beppe Grillo da Taranto, mentre parla con alcuni operai del siderurgico, fanno correre un brivido nei Palazzi della politica.
Dopo, su Facebook, sembra tranquillizzare tutti: «La legge elettorale è un tema complicato, che i cittadini non capiscono e di cui neppure vogliono sentire parlare, li capisco», ma «stiamo facendo un lavoro certosino», spiega, «vogliamo dare al Paese una legge elettorale costituzionale e lo stiamo facendo. Avanti così», termina il post con un’esortazione che sembra cancellare le perplessità di poco prima e dare un via libera alla strada che il M5S ha intrapreso, di sostegno al modello tedesco.
E’ iniziata la discussione generale a Montecitorio, in un clima fin troppo tranquillo considerato che in Aula partecipa una ventina di parlamentari e non di più. «Colleghi, per favore, si sente un’eco non indifferente», è costretto a dire a un certo punto il presidente di turno, Luigi Di Maio, rimbrottando il drappello di deputati di Fratelli d’Italia che, chiacchierando tra loro nell’aula semideserta, coprono la voce del collega del Pd Alan Ferrari, contento di discutere una riforma di voto supportata da «un grande consenso».
Quello dei quattro maggiori partiti, certo, ma non di sicuro quello del presidente emerito Giorgio Napolitano. «Vedremo il risultato di questa grande impresa di quattro leader di partito che agiscono calcolando le proprie convenienze», pronuncia parole dure come pietre nel corso della presentazione di un libro, «in questo funambolico passaggio dal sistema francese al tedesco potevano risparmiarci il gran galoppo del Parlamento di questo fine settimana». Quello che soprattutto non può sopportare l’ex presidente, trovandolo «abnorme», è che «il patto extra-costituzionale sulla data del voto sia quasi diventato un corollario dell’accordo sulla nuova legge elettorale». In tutti i Paesi democratici europei, insiste, «si vota alla scadenza naturale delle legislature»: anticipare l’appuntamento serve solo a dare un «contributo negativo» alla credibilità del Paese.

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