19 Settembre 2024

Il decreto marcia spedito in Parlamento dove martedì mattina sarà sottoposto al voto di fiducia di Montecitorio per poi approdare il 25 in Senato. Il dossier con le verifiche delle quantificazioni: necessario approfondimento sulle risorse

Per ora di certo è che si va avanti in Parlamento con la conversione del decreto. Per i conti, invece, bisognerà aspettare i singoli capitoli del progetto esecutivo. Ma il governo assicura che l’opera non costerà più di 13,5 miliardi, sempre che guerra, crisi energetica e altre variabili indipendenti e poco felici non tornino a mordere l’economia con una nuova ondata di rialzi dei prezzi. A rimescolare le carte, certificando le incertezze sui numeri, è arrivato anche il dossier della Camera dei deputati – il numero 64 del 9 maggio – sulla verifica delle quantificazioni.

Le obiezioni dei funzionari
Nelle 11 pagine della relazione, i funzionari di Montecitorio sollevano perplessità non solo sull’assenza di coperture ma proprio sulla mancata indicazione dell’ammontare delle risorse per la costruzione dell’opera. L’obiezione suona così: «Pur rilevando che la quantificazione dei costi dell’opera resta rinviata al futuro piano economico finanziario della concessione (e, in questo senso, la disposizione così introdotta non dovrebbe comportare effetti di carattere diretto ed immediato), tuttavia il meccanismo prefigurato dalla norma ha l’effetto di includere nel costo dell’opera nuove voci di spesa precedentemente non considerate in quanto i contratti caducati ope legis hanno cessato di produrre effetti e i relativi indennizzi, ai sensi dell’articolo 34-decies del DL n. 179/2012, avrebbero dovuto costituire l’unica pretesa dei soggetti interessati». In sostanza la norma, dice il dossier, produce nuovi effetti sui conti pubblici la cui definizione viene rinviata a una fase successiva. «Tenuto conto di tali considerazioni, sia del fatto che i relativi dati dovrebbero essere disponibili, trattandosi dicontratti già esistenti e noti alla parte contraente – prosegue il dossier – risulta necessario acquisire elementi conoscitivi circa gli effetti finanziari che le disposizioni in esame produrranno sul costo complessivo dell’opera, ciò anche in considerazione del fatto che, come già rilevato in occasione dell’esame del testo iniziale del decreto-legge in esame, ai sensi della direttiva del Parlamento europeo n. 2014/24/UE (attuata con il codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016) i contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto nei casi ivi previsti e purché l’eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50% del valore del contratto iniziale (cfr. art. 106 del codice dei contratti pubblici)». Tradotto: sotto il profilo tecnico il decreto è incompleto perché dagli elementi contenuti nel provvedimento non si coglie il punto di caduta dei costi dell’infrastruttura.

Il sistema di adeguamento dei prezzi
Ma intanto il decreto Ponte marcia spedito in Parlamento dove martedì 16 maggio alla Camera sarà sottoposto al voto di fiducia per poi approdare il 25 in Senato. Per il viceministro Edoardo Rixi «con la costruzione del Ponte sullo Stretto dimostreremo, ancora una volta, che il nostro è un grande Paese – ha detto al termine delle votazioni – Abbiamo i migliori ingegneri e aziende che realizzano opere incredibili in tutto il mondo». Ma torniamo al provvedimento: sotto la lente del dossier della Camera c’è la norma di adeguamento dei prezzi schizzati per via dell’aumento delle materie prime e dell’inflazione.
Prima accantonato e poi riformulato l’emendamento presentato dalla maggioranza affida a due strumenti il calcolo dell’adeguamento dei prezzi: gli indici Istat e un aggiornamento “a corpo” parametrato in base alla media delle variazioni del valore dei primi quattro progetti infrastrutturali banditi da Rfi e Anas nell’anno 2022 (su 2021 e 2023). «L’emendamento riformulato con il parere positivo del Mef ha l’unico intento di spiegare il meccanismo di calcolo dell’adeguamento dell’opera», ha detto il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi. Il vice del ministro Salvini al ministero di Porta Pia ha spiegato che «nel 2011 il costo era di 8,5 miliardi» mentre oggi «è salito a 13,5 miliardi complessivamente». Per il governo «serviva chiarezza per spiegare come siamo arrivati alla cifra inserita nel Def di 13,5 miliardi di costo che è il tetto massimo nella situazione corrente». All’interno di questo range toccherà al progetto esecutivo dettagliare le singole voci di spesa. Per il solo Ponte, senza le opere connesse, si parla di una forchetta che va dai 6,7 miliardi del 2011 ai 7-9 miliardi di oggi.

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