Nel 1973 la firma degli accordi di pace di Parigi, evento che di fatto pose fine alla guerra che per oltre dieci anni aveva devastato un paese diviso e povero
Afine gennaio, per la precisione il 27, cadono i cinquant’anni dalla firma degli Accordi di pace di Parigi, evento che di fatto pose fine alla guerra che per oltre dieci anni aveva devastato un Vietnam diviso e povero, preda da oltre un secolo degli appetiti di Potenze straniere. Per la verità la pace non arrivò subito dopo la sigla di quella che era in realtà una tregua più che un trattato vero e proprio. E infatti, solo due anni più tardi, i nordvietnamiti entrarono a Saigon, capitale di un Sud ormai abbandonato al proprio destino dagli americani.
La fotografia di quelle tragiche giornate, l’ultimo elicottero dei marines appollaiato sulla torretta dell’ambasciata Usa, è forse il simbolo più longevo del conflitto perduto dalla Superpotenza. Ed è questo che oggi appare più interessante. Proprio quando sta per avvicinarsi (24 febbraio) il primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’esempio della guerra che sembrava infinita — quella del Vietnam — è lì a ricordarci che nulla nella Storia è per sempre.
Altro dato interessante, gli Stati Uniti, riconoscendo l’impossibilità di vincere contro un nemico sulla carta più debole (ma aiutato nella sua lotta da Cina e Urss e dunque di fatto capace di resistere malgrado le perdite umane e materiali), hanno accettato di assorbire un costo — non soltanto politico — che non ha pregiudicato nel lungo periodo il proprio status internazionale né gli equilibri interni: se Nixon dovette dimettersi, nell’agosto 1974, fu per ben altri motivi.
E cosa dire del Vietnam? Pur rischiando di «perdere la pace» — gli amici del tempo di guerra possono in fretta trasformarsi in qualcos’altro — anche il Paese simbolo dell’Indocina anti colonialista seppe sfruttare gli anni post bellici. Lo ha detto lo stesso presidente Nguyen Xuan Phuc accogliendo a Hanoi 26 delegati provenienti da 15 diversi Paesi in vista delle celebrazioni: dalla firma degli accordi e dalla conseguente «vittoria della primavera», nel 1975, il Vietnam, un Paese povero e devastato dalla guerra, ha raggiunto traguardi storici, politici e socio-economici. Oggi è una nazione a reddito medio, con un Pil cresciuto, nel 2022, dell’8%, un Pil pro capite di 4.110 dollari e un tasso di povertà stimato al 3,6%, molto inferiore al tasso del 58% del 1993. Soprattutto: «La cooperazione tra i Paesi nella costruzione di un mondo di pace è stata ed è una questione urgente e una seria aspirazione di tutta l’umanità». Più chiaro di così.