20 Settembre 2024

Fonte: Sole 24 Ore

di Antonio Cerchi

Sotto la lente dell’Authority il più ampio uso di data base concesso all’Anagrafe tributaria dal Ddl di bilancio e la deroga ai diritti di riservatezza per scovare chi non paga le tasse


I difficili rapporti tra Fisco e Garante della privacy rischiano di diventare ancora più complicati. Lo si capisce dal tenore della memoria che l’Autorità ha inviato alla commissione Finanze della Camera, dove si sta esaminando il decreto fiscale (Dl 124), e con la quale si stigmatizza la mole di dati raccolti attraverso la fatturazione elettronica e la previsione di conservarli per otto anni. Un braccio di ferro a cui si aggiungerà un nuovo capitolo, questa volta indotto dalla manovra.
L’articolo 86 del disegno di legge di bilancio allarga l’uso delle banche dati fiscali in funzione antievasione e, allo stesso tempo, restringe i margini di tutela dei dati personali dei contribuenti. Una novità che – va da sé – non va a genio al Garante, che presenterà alla commissione Bilancio del Senato, dove la manovra ha iniziato l’iter parlamentare, una nuova memoria in cui si metterà a fuoco la portata della nuova deroga alla privacy.

Banche dati interconnesse
L’impatto dell’articolo 86 si preannuncia forte. Da una parte, infatti, si concede all’Anagrafe tributaria e alla Guardia di finanza di far ricorso all’archivio dei rapporti finanziari – dove sono custoditi centinaia di milioni di dati riferiti a conti correnti e altri rapporti – per contrastare l’evasione. Obiettivo da perseguire attraverso l’interconnessione con le altre banche dati di cui il Fisco dispone, in modo da poter elaborare modelli che consentano di individuare i profili dei contribuenti che non pagano le tasse.

Informazioni “oscurate”
La condizione è che le informazioni relative alle operazioni finanziarie siano utilizzate solo dopo essere state sottoposte a pseudonimizzazione. Ovvero, il dato non deve consentire di risalire alla persona che l’ha “generato”.
Tutto ciò va, però, di pari passo con un restringimento del perimetro della tutela della riservatezza. Attraverso un intervento di modifica al codice della privacy (il Dlgs 196/2003), la manovra inserisce la lotta all’evasione tra gli obiettivi di interesse pubblico generale.

Giro di vite sui diritti
Questo permette di coordinare la legislazione italiana con il Gdpr, il cui articolo 23 consente di limitare determinati diritti di tutela dei dati (diritto di informazione, di recesso, di opposizione o di limitazione del trattamento, di aggiornamento e rettifica, di cancellazione, di portabilità, di limitazione delle elaborazioni automatizzate) se in ballo c’è un fondamentale interesse pubblico. Il regolamento europeo sulla privacy specifica, però, che le limitazioni devono rispettare «l’essenza dei diritti e delle libertà fondamentali» e devono configurarsi come una misura «necessaria e proporzionata».

L’elemento proporzionalità
E la proporzionalità è uno dei principi su cui il Garante ha fatto e continua a far perno per ricordare al Fisco che raccoglie troppi dati, numerosi dei quali non pertinenti con i fini che si prefigge. «Anche in campo fiscale – sottolinea il presidente dell’Autorità, Antonello Soro – l’accumulo di dati della più varia natura, per scopi diversi, non soltanto può non essere conforme al principio di proporzionalità, ma può risultare inutile quando mancano mezzi adeguati a disporre le verifiche conseguenti».
In tal senso, l’eccesso di informazioni o una selezione inadeguata può rivelarsi persino un ostacolo. È il tema che il Garante ha evidenziato anche nella memoria di qualche giorno fa sulla fatturazione elettronica. «La protezione dei dati – prosegue Soro – non impedisce certo la digitalizzazione dei pagamenti o il contrasto dell’evasione (importante anche per garantire la necessaria equità fiscale), ma richiede che siano svolte nel rispetto dei diritti fondamentali della persona».

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