22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Carlo Bertini

«Sono stato l’uomo capo di governo, l’uomo delle primarie e ora voglio essere l’uomo dell’organizzazione del Pd». Matteo Renzi fotografa così la sua metamorfosi, ambiziosa alquanto tenendo conto della sua scarsa propensione ad occuparsi fin qui del partito: ma che ora diventa una scelta quasi obbligata, in tempi di allungamento della vita del governo e di slittamento in avanti della data del voto, verso «l’orizzonte 2018». E il “selfie” di questo suo nuovo profilo, scattato al cospetto della platea dei segretari regionali del Pd, acquista ancora più significato nel giorno in cui a varcare la soglia della sede del Nazareno, con Renzi a fare gli onori di casa, è il segretario del Pcc di Shangai, membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese: struttura che nell’organizzazione fin dai tempi di Mao ha il suo punto forte, potendo contare su centinaia di milioni di adepti sparsi in un territorio immenso, tenuto ben sotto controllo. E dunque non stupisce che i generali del Pd abbiano sgranato occhi e orecchie a sentire il loro comandante in campo così determinato a fare le cose sul serio. Con un programma già anticipato due giorni fa ai segretari provinciali della Toscana nella casa del Popolo vie nuove. Intenzioni bellicose che fanno sorridere sotto i baffi quelli che lavorano gomito a gomito con Renzi, ironici alquanto sulla tenuta di questo suo interesse per la vita del partito.
Ma che voglia fare sul serio, dando questa cifra ai suoi prossimi eventi pubblici, lo dimostra il fatto che per «oscurare» mediaticamente la kermesse di Giuliano Pisapia il primo luglio a Roma, Renzi abbia programmato di sbarcare lo stesso giorno in casa del «nemico», cioè a Milano. E con quale format? Con un’assemblea nazionale dei circoli del Pd. Ai quali farà più o meno questo discorso, spiegando quel che intende quando dice che vuole occuparsi dell’organizzazione.
Per rafforzare l’ossatura del partito – questo il mantra – bisogna stare nei luoghi fisici della partecipazione, ma anche in quelli virtuali, con un’occupazione verticale e orizzontale degli spazi, usando formati innovativi: dunque non solo riunioni ma anche social a tutto spiano. E fin qui niente di nuovo. In ogni caso, «da qui ai prossimi mesi serve uno sforzo eccezionale dei circoli e delle sezioni, puntando tutto sui contenuti». Mettendo al bando le discussioni «auto-referenziali da ceto politico» e mettendo al centro alcune parole d’ordine: lavoro, casa e famiglia, intesa come donna alle prese col problema dell’accudimento di nuovi nati; sicurezza, lotta al degrado e servizi sociosanitari.
Il messaggio di fondo per vincere le elezioni sarà dunque il programma. «E saranno le questioni concrete a determinare le nostre scelte», ha chiarito Renzi, alludendo alle alleanze, senza però mai nominare Pisapia. Dando la stura a chi (tra i segretari regionali, in gran parte «renzizzati») ha voluto dare un assist al segretario, ricordando come il Pd sia nato dal trauma dell’Unione e abbia nessuno voglia di fare il bis con «coalizioni ad alto tasso esplosivo di polemica interna». Unico cenno autocritico: la scarsa capacità di comunicazione del lavoro di governo cui porre rimedio, facendo circolare meglio le informazioni, «perché molti non sanno neanche che gli 80 euro sono mille euro l’anno», è stato uno degli esempi.

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