Il segretario generale Stoltenberg ha sottolineato che «nessun membro della Nato ha subito tanti attacchi terroristici come la Turchia». Una sorta di resa alle dure condizioni che il presidente turco, ha posto all’ingresso nell’Alleanza di Svezia e Finlandia
«Itimori della Turchia sul terrorismo sono legittimi. Dobbiamo prenderli seriamente». Parola del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. È una sorta di resa di fronte alle dure condizioni che Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, ha posto all’ingresso nell’Alleanza di Svezia e Finlandia: stop al supporto di Helsinki e Stoccolma ai militanti curdi, immediata estradizione di membri di alcune organizzazioni curde critiche nei confronti del governo Akp e fine dell’embargo sull’esportazione delle armi nel Paese della Mezzaluna. Nel suo discorso Stoltenberg è stato ben attento a usare il termine Turkiye invece di Turkey, come Ankara ha chiesto di essere chiamata anche all’Onu per non essere più confusa con il tacchino (turkey in inglese) servito sulle tavole degli americani a Thanksgiving. E ha sottolineato che «nessun membro della Nato ha subito tanti attacchi terroristici come la Turchia».
Ieri la premier svedese Magdalena Andersson è passata dalle parole ai fatti e ha annunciato «la volontà di cambiare la legge anti-terrorismo alla luce della nostra richiesta di adesione alla Nato». Eppure meno di una settimana fa il suo governo si è salvato da un voto di sfiducia proprio grazie all’appoggio dei parlamentari curdi che in cambio però hanno chiesto il mantenimento dell’ appoggio di Stoccolma all’amministrazione autonoma di Rojava nel nord est della Siria. È la stessa area che la Turchia minaccia di un’imminente azione militare. Stoltenberg sa benissimo che la questione è intricata e che difficilmente si arriverà ad un accordo entro il vertice Nato di Madrid del 29-30 giugno. Ma intanto blandisce l’alleato riottoso dandogli ragione. E ignora le minacce di Erdogan ad Atene sull’isole dell’Egeo: «Avverto la Grecia di evitare sogni, atti e dichiarazioni che provochino rimpianti» ha detto giovedì scorso. È una strategia che paga?