Oltre a Olimpiadi e Paralimpiadi invernali, tra le «importanti opere già oggetto di monitoraggio» e che fanno gola alla criminalità organizzata ci sono gli interventi coi fondi del Pnrr e del Next Generation Eu
Le mafie hanno gli occhi puntati sui Gioghi Olimpici e Paralimpici di Milano-Cortina 2026. Sono previste costruzioni di villaggi olimpici, strade, ferrovie. Appalti e fondi su cui le cosche potrebbero mettere le mani. L’allarme viene lanciato con l’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia sulla presenza della criminalità organizzata in Italia. Nel semestre analizzato dalla Dia, che corrisponde al periodo gennaio-giugno 2022, l’attenzione di autorità e inquirenti è quasi tutta per la Lombardia, che «si appresta a vivere un singolare momento storico particolare per la concentrazione di investimenti pubblici».
Non solo le Olimpiadi invernali potrebbero finire nel mirino della mafia. Tra le «importanti opere già oggetto di monitoraggio» ci sono anche gli interventi su scala nazionale con i soldi del Pnrr e del Next Generation Eu. Il territorio lombardo, precisa la Dia, «è fra le priorità delle autorità giudiziarie e prefettizie regionali», che agiranno sulla scia di stretti controlli già adottati per Expo 2015. Ma mentre queste grandi realtà si fanno gli anticorpi per provare a resistere all’assalto delle mafie, altrove hanno già ampiamente ceduto.
Tra le varie organizzazioni criminali, la ‘ndrangheta è «assoluta dominatrice della anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza»: la presenza viene confermata in quattordici regioni, coprendo l’intera nazione grazie a intrecci con camorra, Cosa Nostra e criminalità straniera. La Lombardia ha al suo interno oltre il 50 per cento dei “locali” (gruppi con almeno una cinquantina di affiliati ciascuno) nel Nord Italia. Su un totale di 46, ben 25 sono sparsi tra le varie province. Le altre sono schierate fra il Piemonte (16), la Liguria (3), il Veneto, la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige (uno per ciascuna).
La ‘ndrangheta continua a coltivare interessi «nel traffico illecito dei rifiuti» e ha grandi capacità imprenditoriali grazie ai soldi «derivanti dal narcotraffico». L’organizzazione continua a prediligere i cartelli sudamericani, ma negli ultimi anni anche l’Africa Occidentale è diventato uno snodo logistico di rilievo, con basi in Costa d’Avorio, Guinea-Bissau e Ghana. In Italia, la droga arriva per mare e approda nei porti di Gioia Tauro, Genova, La Spezia, Vado Ligure e Livorno.
Gli stupefacenti circolano soprattutto in Lombardia: è la prima regione per numero di operazioni antidroga con 3.729, mentre è al terzo posto per quantità di droga sequestrate. Soltanto nell’area metropolitana di Milano, per esempio, si registrano oltre 3mila chilogrammi nel 2021. La locomotiva d’Italia detiene però un altro triste primato: nel suo territorio si commettono il 15 per cento dei reati con matrice mafiosa. Per la precisione, sono 13.770 quelli direttamente riconducibili alle organizzazioni, mentre sono quasi 33mila i “reati spia”, che cioè segnalano attività sospette.
Secondo, ma prima per reati di mafia appurati, il Lazio con il 14,5 per cento. Un risultato dovuto al fatto che qui si registra «la presenza di tutte le tradizionali matrici mafiose e di locali formazioni criminali, ad alcune delle quali è stato anche riconosciuto il requisito della mafiosità». Questa regione è terreno fertile per affari e operazioni di reinvestimento di capitali illeciti proprio per l’equilibrio e la scarsa competizione tra tutte le parti in gioco. Soprattutto a Roma le organizzazioni evitano i conflitti per un «profitto comune».
Completa il podio la Campania: è terza per il numero di reato legati alle attività mafiose, con quasi il 13 per cento. Si conferma terra di camorra, con i clan che si spartiscono tra Napoli e la regione e diventano «imprese mafiose» toccando ormai ogni settore dell’economia in modo illecito. Un radicamento simile al territorio d’origine si riscontra anche in Sicilia con Cosa Nostra.
I movimenti in terra sicula dimostrano che il terremoto provocato dall’arresto di Matteo Messina Denaro è più mediatico che reale. Da Palermo e dintorni le famiglie si proiettano in altre regioni e stringono rapporti anche all’estero. L’assenza di una leadership solida e riconosciuta tra le varie province «starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa». Allo stesso tempo, tornano in libertà anziani uomini d’onore che «cercherebbero di riaccreditarsi in sodalizi di riferimento».
Anche la Puglia, purtroppo, cresce in termini di organizzazione mafiosa. Emergono infatti tre macro sezioni: «Mafia foggiana, criminalità barese, Sacra Corona Unita». Realtà «effervescenti» e «dinamiche», contrassegnate da contrasti tra clan contrapposti e persino da lotte interne con nuove leve che tentano di scalare le gerarchie e sono «disposte a tutto pur di ricoprire ruoli apicali”.
Chiude l’analisi della Dia la «nascita» della criminalità organizzata lucana. In Basilicata esistono infatti sodalizi autoctoni e attività mafiose di ‘ndrangheta, camorra e clan pugliesi. Francesco Curcio, procuratore della Repubblica di Potenza, definisce così la situazione: «Le indagini svolte hanno posto in evidenza l’esistenza di un sistema mafioso endemico, capillare e pervasivo». Sparsa tra Potenza, Vulture Melfese e Matera. La crisi economica e il tasso di disoccupazione del territorio sono terreni in cui le cosche possono nutrirsi con affari illeciti e droga. In particolare un gruppo, «il ceppo originario dei Basilischi”, insieme a consorterie di matrice calabrese e pugliese.