23 Novembre 2024
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Dall’euroscetticismo sovranista alla scelta della destra dell’«euro-realismo»: non si mette più in discussione l’esistenza della Ue, l’obiettivo è trasformarla dall’interno

Sin dai suoi esordi, l’integrazione europea ha tratto ispirazione dai principi liberali: non discriminazione, libertà d’impresa e di movimento, universalismo cosmopolita. La sinistra ha accettato l’integrazione solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Le resistenze ideologiche più forti sono però venute dalla destra conservatrice. Dagli anni Ottanta, il Fronte Nazionale francese è diventato il paladino dell’euroscetticismo sovranista. La progressiva avanzata dei partiti di quest’area ha fatto temere per la stessa sopravvivenza della Ue, soprattutto dopo il referendum sulla Brexit.
A partire dalle elezioni europee del 2019 è iniziata una svolta: oggi si parla di una possibile convergenza e forse persino alleanza, nel prossimo Parlamento Ue, fra il gruppo dei Popolari e quello dei Conservatori, presieduto da Giorgia Meloni. Che cosa è avvenuto? Oltre che in Polonia e Ungheria, nell’ultimo biennio i partiti di destra sono entrati a far parte di coalizioni governative in Finlandia e Svezia. Fratelli d’Italia è diventato il primo partito in uno dei grandi Paesi fondatori. Questi sviluppi sono stati accompagnati da un mutuo avvicinamento fra il centro-destra moderato e l’area conservatrice-nazionalista. Il primo ha adottato posizioni più severe e restrittive su temi come immigrazione e diritti civili. La seconda ha sostituito l’euroscetticismo con l’«euro-realismo»: non si mette più in discussione l’esistenza della Ue, l’obiettivo è trasformarla dall’interno.
A suo tempo, anche la conversione europeista della sinistra aveva registrato un passaggio simile. Fu abbandonata l’idea dell’integrazione come cospirazione capitalista e si inaugurò una strategia volta a rafforzare la dimensione sociale della Ue. La conversione euro-realista della destra è più difficile da caratterizzare. I punti di riferimento di quest’area sono nazionalismo e patriottismo, entrambi incompatibili con il progetto di integrazione. L’unico interesse comune che può esserci fra sovranisti è quello di far fallire il progetto. Poi, ognuno per sé.
Per superare la contraddizione, la destra sta elaborando un nuovo discorso pubblico. Non parla più di nazioni contro l’Europa, ma di Europa come cornice storica e culturale che ha consentito, appunto, l’emergenza delle nazioni. Il filo rosso della «europeità» (Europeanness) collega tutti i patriottismi, nati sullo sfondo dell’umanesimo cristiano.
Quali obiettivi si pone l’approccio euro-realista? Innanzitutto, quello di difendere la civiltà europea dalle minacce esterne: immigrazione, islam, terrorismo, il modello asiatico e così via. La Ue viene accettata come strumento per rafforzare le difese della «Fortezza Europa» nonché per la tutela e promozione, al suo interno, dei valori tradizionali. Il versante prioritario di questa strategia è la lotta all’immigrazione. Negli ultimi anni la politica Ue si è concentrata su come ripartire fra Paesi il flusso di migranti. Così ha finito, secondo gli euro-realisti, per mettere una nazione contro l’altra. Il nuovo approccio è di tipo preventivo, volto a contenere ex ante gli sbarchi, tramite accordi su vasta scala con i Paesi di origine. Siccome il contenimento avvantaggia tutti, ciascun Paese sarà più disponibile a contribuire ad uno sforzo comune. Una soluzione simile fu già sperimentata nel 2017 dalla democristiana Merkel. Dietro lauto pagamento, Erdogan si impegnò a trattenere sul territorio turco i profughi siriani. Il recente viaggio in Tunisia di Meloni, von Der Leyen e Rutte (a capo di un governo di destra moderata) è stata la prova generale di questa nuova strategia politica.
L’euro-realismo è una scommessa ancora tutta da vincere. Bisogna innanzitutto persuadere gli altri partiti del gruppo conservatore: il sovranismo del Pis polacco sembra per ora irriducibile. Occorre poi gestire con accortezza il rapporto con i partiti della destra più radicale che fanno parte del gruppo Identità e Democrazia (dove c’è anche la Lega). La cultura politica di Marine Le Pen e soprattutto di Alternative für Deutschland è ancora impregnata di estremismo sovranista e di protezionismo etno-nazionalista. Inoltre, per essere credibile la conversione euro-realista deve fare i conti con l’intero ventaglio delle politiche Ue, non solo con l’immigrazione. Sul terreno della transizione ecologica, ad esempio, ciascun governo dovrà imporre dei sacrifici. Servirà a poco invocare l’interesse nazionale e ancora meno puntare il dito contro il cosiddetto ecologismo ideologico della sinistra.
Fino ad oggi la grande coalizione fra popolari, socialisti e liberali nel Parlamento Ue ha eretto un «cordone sanitario» contro le destre. La legittimazione dei partiti di quest’area ed una eventuale maggioranza di centro-destra potrebbe generare una inedita bipolarizzazione ideologica, che renderebbe più difficile e litigioso il processo di integrazione. Purché sia convinta, la conversione euro-realista potrebbe tuttavia portare un vantaggio di lungo periodo: quello di scongiurare definitivamente il rischio di disintegrazione per mano dei sovranisti. Nessun sistema politico può sopravvivere in presenza di una forte opposizione irresponsabile e anti-sistema, con un quarto di elettori (questi erano i numeri nel 2019) che considera la Ue come una «nave che affonda», da abbandonare il più presto possibile.

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