19 Settembre 2024
Donne lavoro2

Una campagna per convincere i giovani che nel pubblico non ci sono solo lavori noiosi, burocratici e non si cresca professionalmente. Che non si entra solo per raccomandazione. E che si guadagni necessariamente poco

La recente campagna istituzionale lanciata dal ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, «Più che un posto fisso, un posto figo!», è senza dubbio dirompente nei modi e nel linguaggio. Le pubbliche amministrazioni sono abituate a codici comunicativi dai toni istituzionali e che spesso suonano un po’ stantii e paludati, sicuramente inadeguati a dialogare con un mercato del lavoro sempre più dinamico e competitivo.
Vedremo quale sarà la reazione alla campagna di comunicazione, immaginando che alle lodi si accompagnerà per certo qualche critica, ma già il fatto che se ne parli potrebbe essere un risultato importante raggiunto. La pubblica amministrazione, infatti, è vittima di molte convinzioni solo in parte suffragate dai fatti e in larga misura dipendenti dalla scarsa conoscenza del settore. Prima fra tutte l’idea che nel pubblico ci siano solo lavori noiosi, burocratici e non si cresca professionalmente. A seguire il fatto che nel pubblico si entri e si faccia carriera solo per raccomandazione. Per finire con l’idea che nel pubblico si guadagni necessariamente poco.
In realtà il settore pubblico è talmente vasto, per ambiti di competenza e ruoli offerti, da consentire idealmente un perfetto incontro tra aspettative delle persone e contenuti di lavoro. Certo bisognerebbe lavorare di più e meglio sul rendere concreto il classico adagio della «persona giusta al posto giusto». I processi di selezione, inoltre, sono stati recentemente riformati, rendendoli più snelli e orientati a valutare le persone, con le loro motivazioni e attitudini, e non solo le loro conoscenze. Di certo, nessun politico ha o può avere responsabilità nella scelta dei candidati, in tutto e per tutto affidata ai dirigenti tecnici. Infine, lavorare nel pubblico sicuramente non rende ricchi, ma può garantire un pacchetto retributivo competitivo con il mercato privato, almeno per quanto riguarda i livelli dirigenziali e il personale operativo. Alcune differenze continuano a sussistere in verità per i quadri intermedi, ma anche su questo il recente rinnovo dei contratti di lavoro ha introdotto qualche passo nella giusta direzione.
Il lavoro per far conoscere e capire queste cose è tuttavia lungo e articolato, necessariamente comporta l’impegno capillare di tutte le amministrazioni a supporto delle nuove modalità di comunicazione istituzionale.
A condizione però che si parta da una consapevolezza: le amministrazioni devono fare scelte decise sulle politiche del personale. C’è un importante processo di ricambio generazionale da gestire e ci sono competenze critiche, per il presente e il futuro, oggi assenti nel settore pubblico. Non si tratta quindi semplicemente di attrarre persone, ma di riflettere su qual è e sarà quello che le imprese chiamerebbero il «core business» delle amministrazioni. Una riqualificazione del settore pubblico passa infatti necessariamente attraverso la focalizzazione su figure chiave, altamente qualificate, a presidio delle attività strategiche e non delegabili al mercato. La combinazione del tempo lavoro dei tradizionali processi amministrativi liberato dallo sviluppo della digitalizzazione e dell’affidamento a terzi di attività operative, può davvero cambiare faccia alle amministrazioni rendendole più attrattive e, al tempo stesso, creando ambiti di lavoro di maggiore soddisfazione per gli attuali dipendenti. L’attuale ministro, forte della sua lunga esperienza professionale nel settore privato, ha bene inquadrato questi temi. Spetta alle amministrazioni cogliere l’opportunità di cavalcarli.

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