L’offerta di Unicredit per Bpm: le mosse e le conseguenze. L’Europa deve tornare a pensarsi come un attore e non uno spettatore di ciò che accade nel mondo. Questo necessariamente si sposa non solo con le scelte politiche ma anche con quelle economiche
Non è solo un’operazione industriale e finanziaria l’offerta d’acquisto e scambio lanciata da Unicredit sul Banco Bpm. Da un lato si tratta di una sveglia, di una scossa, all’Europa. Dall’altro di un cambio significativo nel mondo del credito italiano. Quello che assicura a famiglie e imprese il flusso di denaro che permette lo sviluppo del Paese.
Sul fronte continentale, la banca guidata da Andrea Orcel ha annunciato in questi mesi un investimento anche nell’istituto tedesco Commerzbank. E se già con l’operazione Banco nascerebbe la maggiore banca europea, a maggior ragione le dimensioni sarebbero ancora più importanti con Commerz, posto che si superino le perplessità del governo tedesco.
In una situazione geopolitica così in movimento (dall’invasione russa dell’Ucraina al Medio Oriente all’attesa ansiosa della presidenza Trump), l’Unione europea deve mostrare di saper uscire dallo stallo dei dibattiti. L’Europa deve tornare a pensarsi come un attore e non uno spettatore di ciò che accade nel mondo. Questo necessariamente si sposa non solo con le scelte politiche ma anche con quelle economiche.
Quindici anni fa il prodotto interno lordo europeo era simile a quello americano. Oggi quello statunitense è superiore dell’80%. E con 100 milioni in meno di abitanti. Per non parlare della Cina. Il rischio di essere vaso di coccio tra le due superpotenze per l’Europa è abbastanza forte. Passare il tempo a rimproverare Bruxelles può far guadagnare qualche voto, ma dimenticare che sono i Paesi a fare l’Europa significa illudersi.
Non è stata Bruxelles a fermare l’Unione bancaria ma gli interessi di Paesi come la Germania, tanto per non fare nomi, che ha sicuramente un sistema del credito più arretrato nel Continente. E a chi giova avere due grandi network borsistici, uno a Parigi e l’altro a Francoforte? Come pensiamo di fare concorrenza a Wall Street? Con tante buone intenzioni?
Non possiamo meravigliarci se l’americana Jp Morgan vale quanto le maggiori banche europee. Su versanti diversi, i 27 eserciti (persino superiori in termini forse di uomini a molte altre potenze), non ne fanno uno. L’industria della difesa è frammentata e con standard plurimi. E che dire delle telecomunicazioni che vedevano l’Europa dare il passo al mondo alla fine del secolo scorso? Oggi tra le decine di minuscoli operatori europei nelle tlc c’è solo una guerra dei prezzi mentre negli Stati Uniti i protagonisti si contano su meno delle dita d’una mano.
Non che l’offerta di Unicredit sul Banco e quindi su un’operazione all’interno di un unico Paese abbia così tanto peso a livello continentale. Ma sicuramente le due operazioni potenzialmente sì. Posto che Unicredit e il suo management siano in grado di condurle in porto entrambe. Il messaggio inviato a Commerz è chiaro, ci possono essere altre strade. Ma sarebbe anche un segnale da Roma e dall’Italia sulla volontà di uscire dallo stallo economico continentale.
Dovremmo certo abbandonare la fastidiosa tendenza dell’Italia a considerarsi un’italietta e non un Paese membro fondatore dell’Europa in grado di imprimere una svolta all’Unione stessa. E questo a prescindere se l’operazione Bpm si farà o no.
Quella lanciata da Unicredit è un’operazione di mercato. Prova ne sia che non tutti gli analisti l’hanno giudicata positivamente. In termini di prezzo e di finalità industriali. In termini di prezzo perché quando Bpm ha lanciato l’Opa su Anima ed è entrata in Mps il mercato ha spinto al rialzo i titoli di tutti i protagonisti. A testimonianza del favore con il quale si vedeva quelle operazioni. Ieri non è accaduto lo stesso: mentre Bpm è salita Unicredit è scesa.
Un’altra cosa infatti deve essere chiara. Se l’operazione italiana può ridare smalto al dinamismo europeo, dal punto di vista industriale l’offerta lanciata da Unicredit interrompe un percorso. Il percorso, virtuoso, avviato da Giuseppe Castagna da quando è alla guida di Banco Bpm.
Il Banco nelle ultime settimane si era caratterizzato per voler partecipare concretamente all’idea di rafforzare il sistema del credito nazionale. Sia con un potenziale terzo polo che agevolasse una maggiore concorrenza in un settore dove la competizione non è esattamente la caratteristica principale. Sia sostenendo un protagonista nazionale nella gestione del risparmio che sappiamo essere elevatissimo in Italia, quanto male investito.
Da questi ragionamenti nasceva l’operazione che vedeva Bpm lanciare un’Opa su Anima, uno dei potenzialmente più grandi attori del risparmio gestito italiani. A questo si deve aggiungere che l’istituto di Piazza Meda ha consolidato un rapporto con il territorio fatto di famiglie ma soprattutto di piccole e medie imprese che in Castagna avevano trovato un interlocutore sempre pronto all’ascolto. Una qualità che diluita in un gruppo più ampio, può sollevare preoccupazione da parte dei territori serviti.
Da sempre Bpm è il sogno proibito di Unicredit che in Lombardia soffre una poca presenza proprio sul versante dei prestiti a famiglie e imprese. E ci si deve chiedere se l’operazione è funzionale ad essi. Siamo pur sempre in un’Italia dove le banche hanno annunciato, grazie a tassi di interesse molto elevati, utili miliardari. Ma i prestiti sono diminuiti.
Non si può non notare come anche la politica si sia fatta sentire. Il ministro Giorgetti è arrivato a parlare di potenziale quanto difficoltosa Golden Power. Altri come Salvini mettendo in discussione la nazionalità di Unicredit. Mentre nella maggioranza le posizioni sono diversificate. Forse anche perché in Bpm c’è già un socio importante come il francese Crédit Agricole. E da tempo Bnl è diventata Bnp Paribas. A dimostrazione che la partita del credito in Italia non è diventata europea da ieri.