19 Settembre 2024
Economia operaio Lavoro

Economia operaio Lavoro

Pensionamento anticipato: le opzioni
La conclusione di Quota 100, prevista per fine anno, desta molte preoccupazioni tra i lavoratori soprattutto per il possibile “scalone” insito nel ritorno alla riforma Fornero. In realtà termina solo una parte, neppure maggioritaria, del provvedimento mentre restano in vigore, almeno fino a tutto il 2026, molte possibilità di pensionamento anticipato, mentre in molti si immaginano un percorso di riforma per cambiare le regole attuali della pensione.
Vediamo nel dettaglio le possibilità attuali di pensione anticipata.

In pensione a 67 anni
Anzitutto resta la possibilità di pensionarsi con 67 anni di età anagrafica, adeguata all’aspettativa di vita anche con soli 20 anni di contribuzione al sistema pensionistico obbligatorio. Quindi con quota 87.

In pensione anticipata: 42 anni e 10 mesi di contributi
Si potrà continuare ad andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) che non saranno adeguati alla aspettativa di vita fino al 2026, indipendentemente dall’età anagrafica: sono le cosiddette pensioni “anticipate” che consentono la quiescenza tra i 60 e 66 anni di età e 5 mesi di “sconto” rispetto alla legge Fornero che prevede oggi 43 anni e 3 mesi per i maschi e un anno in meno per le donne, requisito destinato a crescere nei prossimi anni ma è probabile che questo adeguamento che non ha uguali negli altri Paesi, venga definitivamente abolito.

I precoci: 41 anni di contributi indipendentemente dall’età
Resterà anche per i cosiddetti “precoci” — i lavoratori che possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19esimo anno di età e che si trovano nelle condizioni simili a quelle di Ape Social — la possibilità di accedere alla pensione entro fine 2026 con 41 anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica.

L’isopensione, contratti di espansione e fondi esubero
Si potrà inoltre continuare ad accedere anticipatamente alla pensione attraverso differenti strumenti: “l’isopensione” che consente un anticipo fino ad un massimo di 4 anni (7 anni fino al 2023), con costi e contributi figurativi interamente a carico delle aziende con più di 15 dipendenti; quindi anziché pensionarsi a 67 anni con 20 anni di contributi (quota 87) ci si potrà pensionare con quota 80.
Si potrà anticipare la pensione di 5 anni anche con i “contratti di espansione” (che prevedono una forma di ricambio generazione con l’assunzione di un giovane ogni x numero di prepensionati), con oneri totalmente a carico delle imprese oltre i 250 dipendenti; anche qui i requisiti sono 5 anni di anticipo rispetto ai 42 anni e 10 mesi (1 anno in meno per le donne), quindi anzianità di 37 e 10 mesi (36 e 10 mesi) inferiore ai 38 anni di quota 100, oppure quota 82 (62 anni di età e 20 di contributi).
Gli stessi trattamenti, con meno vincoli, si potranno ottenere dall’entrata in funzione dei cosiddetti “fondi esubero o di solidarietà” oggi attivi per le banche e le assicurazioni (in passato per poste, trasporti, esattorie ecc.) che potrebbero essere utilizzati da industria, commercio, servizi, artigianato e agricoltura. È già attivo il fondo per l’industria farmaceutica istituito da Farmindustria e sindacati; l’anticipo è di 5 anni rispetto ai requisiti di pensionamento, quindi anche in questo caso 37 anni e 10 mesi per i maschi e 36 anni e 10 mesi per le donne indipendentemente dall’età anagrafica oppure quota 82 (62 anni di età e 20 di contributi), oppure quota 87 (62 anni e 35 di contributi).

Opzione donna
Ma non è finita qui: è prevedibile un rinnovo per i prossimi anni di “opzione donna” con un probabile innalzamento del requisito di età anagrafica fermo al 2006. Oggi si accede alla pensione con calcolo totalmente contributivo con 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti (59 anni per le autonome), con 35 anni di contributi; essendo previsto un differimento tra la data di maturazione del requisito e quella della pensione di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome, ci si può pensionare con quota 94 per le lavoratrici dipendenti e quota 95,5 per le autonome.

Ape social
Anche “Ape social”, che nei fatti diviene una opzione residuale applicabile prevalentemente ai disoccupati, verrà certamente prorogata. I beneficiari sono i disoccupati (anche da contratti a tempo determinato), i “caregivers” cioè coloro che si prendono cura di una persona convivente con handicap o non autosufficiente e i lavoratori invalidi fino al 74%. Per queste categorie i requisiti sono 63 anni di età e 30 di contributi, quindi quota 93; invece per i cosiddetti “lavori gravosi” è consentito il pensionamento con 63 anni di età e 36 anni di contributi (quindi quota 99).

Le opzioni minori e il peso reale di Quota 100
In questa “giungla” di leggi, che forse andrebbe razionalizzata, ci sono altre opzioni minori che consentono di sfuggire alle norme Fornero anche perché tra le 9 salvaguardie e i citati provvedimenti, dal 2012 al 2020 ben 770 mila lavoratori hanno evitato i rigori Fornero.
La preoccupazione dello scalone citata in premessa, come si vede, è poco fondata tanto più se si considera che i lavoratori che hanno aderito a quota 100 intesa come somma tra 62 anni di età e 38 di contributi, sono veramente pochi: circa 12 mila nel 2020 (16 mila nel 2019) contro 177 mila della pensione anticipata, circa 55 mila tra opzione donna, Ape e precoci e diverse migliaia per i contratti di espansione, fondi esubero e isopensione. Inoltre i consuntivi 2019/20 ci indicano che in media i beneficiari di quota 100 sono andati in pensione con quota 102/103 (il valore medio della somma tra età e contributi) e l’età media si attesta poco sopra i 64 anni; per precoci e anticipate la quota media è tra 101 e 103 per cui, come si vede, la fine di quota 100 non è così preoccupante.
Quanto alle eccessive rigidità della riforma Fornero resta da definire l’equiparazione delle regole tra misti e contributivi puri (coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1/1/1996) e che vedono i giovani molto sfavoriti. Necessario definire anche le agevolazioni per le lavoratrici madri e il miglioramento della flessibilità ma soprattutto lavorare su una seria separazione tra assistenza e previdenza.

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