Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Taino
Il declino della quota di ricchezza che va al lavoro è accompagnato da perdite elevate tra i lavoratori con minori competenze
Nelle economie più avanzate del mondo, tra il 1970 e il 2014 la quota di reddito prodotto che è andata al lavoro è scesa dal 53,6 al 50,9%. Il resto è andato a profitti, rendite, pensioni. Il dato è messo in luce da un working paper del Fondo monetario internazionale che cerca di fotografare la tendenza alla perdita di potere relativo da parte dei lavoratori e di capirne le caratteristiche. Si tratta di un cambiamento nella distribuzione delle quote di reddito che probabilmente ha un’influenza sul disagio evidente nel mondo del lavoro nei Paesi occidentali. Un calo nella parte di reddito che va al lavoro significa che i salari crescono meno della media della produttività. Il che — nota l’analisi dell’Fmi — sarebbe positivo se la produttività crescesse rapidamente grazie ad avanzamenti tecnologici e fosse comunque accompagnata da una crescita robusta, anche se inferiore, dei salari. In realtà, in molti Paesi la crescita della produttività è bassa e l’aumento dei salari è ancora più basso. Inoltre, il declino della quota di ricchezza che va al lavoro è accompagnato da perdite elevate tra i lavoratori con minori competenze.Tra il 1991 e il 2014, la quota di reddito finita al lavoro è calata in 29 delle 50 maggiori economie e in sette dei dieci più importanti settori economici: in sostanza, in due terzi dell’economia mondiale.
Nello stesso periodo, la percentuale di reddito persa dal lavoro in Italia è stata di 0,2 punti per decennio. Non moltissimo rispetto al -3,7% della Cina e dell’India, al -2,1% della Germania, al -0,9% degli Stati Uniti, al -0,7% del Giappone (in controtendenza la Gran Bretagna, con un +1,9% per decennio). All’interno del mondo del lavoro, non per tutti le cose sono però andate nello stesso modo. Tra il 1995 e il 2009, nelle economie avanzate la quota di ricchezza che è andata ai lavoratori a qualificazione bassa e media è scesa di oltre sette punti percentuali mentre quella di chi ha competenze più elevate è salita del 5%. Nel complesso, si può dire che nei decenni scorsi il lavoro, soprattutto quello di chi ha competenze non elevate, ha perso potere — e capacità di contrattazione — nei confronti di capitale, rendite e pensioni. È però interessante notare che questa tendenza si è in parte invertita in seguito alla crisi finanziaria: dopo un minimo nel 2006, al 50,6%, la quota destinata al lavoro è risalita al 50,9% nel 2014. La lotta tra capitale e lavoro continua.