22 Novembre 2024

Perché è ritenuta l’elezione più importante di sempre? Le manovre dei partiti per trovare un Presidente che sappia coprire il loro vuoto. Da Draghi a Berlusconi.

Cos’è tutto questo affannarsi sul prossimo Presidente della Repubblica? Sono mesi ormai che se ne parla continuamente. Non si era mai visto un simile anticipo nella discussione pubblica: si vota a fine gennaio, ma il tema si è imposto potente sin dall’estate. Perché? Cosa ci dice questo continuo almanaccare sul destino di Mario Draghi (“Meglio se rimane a palazzo Chigi” “No, è più utile sul Colle” ) e su quello di Sergio Mattarella (“Resta?” “Cerca casa quindi non farà il bis”). Dove portano i castelli di ipotesi che ogni giorno immancabilmente fioriscono. Davvero questa è l’elezione più importante di sempre? Forse sì.
L’appuntamento cade dentro quella che l’ex ministro socialista Rino Formica ha definito “una crisi di sistema”. Il cuore della Repubblica non è mai stato così debole. Il motore principale (governo, partiti, Parlamento) si è inceppato. Le sorti si decidono spesso in un altrove.  La politica ha perso il suo primato. Non è più decisiva. Insegue gli umori.  A febbraio si è dovuta affidare a un esterno, un tecnico.
Il Parlamento non rispecchia gli umori delle elezioni del 2018. Il gruppo di maggioranza relativa, l’M5S, è l’ombra – nei numeri e nelle sue politiche – del Movimento che arrivò al 32 per cento. Ci sono quattro partiti che si equivalgono come forza nel Paese: Pd, M5S, Lega, Fratelli d’Italia. E sono divisi tra loro, soprattutto i Cinquestelle. Nessuno è davvero forte. E nemmeno ci sono più i capi di una volta. Nel 1985 Ciriaco De Mita e Alessandro Natta, rispettivamente segretari di Dc e Pci, si misero d’accordo su Francesco Cossiga, che venne eletto al primo voto. Nel Pd oggi conta più Letta o Bettini? Nel M5S Conte o Di Maio? La Lega risponde a Salvini o a Giorgetti? Tutti giocano la propria partita.
Draghi-Mattarella hanno garantito un equilibrio che si spezzerà. Prevale un gran terrore di quel che ne deriverà. E’ un salto nel buio. L’elezione inciderà sul futuro del governo, e quindi della legislatura. E ci sono i miliardi dei fondi europei da gestire. Stavolta quindi il voto può cambiare concretamente il destino di ciascuno dei 1008 grandi elettori. E nessuno ha la carta vincente in un Parlamento di cani sciolti. Nel gruppo misto di Camera e Senato sono 113, di cui più di quaranta non aderiscono ad alcun gruppo. Peseranno. Solo che nessuno sa come.
Il Quirinale era sempre stato il secondo motore. I suoi poteri non sono cambiati, anzi. Allora perché questo voto è visto come una finalissima che non si può sbagliare? Perché tutta quest’ansia? Una ragione racchiude le altre: ora che il primo motore è in panne i suoi attori guardano al Colle nella speranza che sappia coprire il loro vuoto. Nell’enorme confusione che l’avvolge il Palazzo confida in un Presidente salvifico, regolatore, taumaturgico. Il De Gaulle evocato da Giorgetti. Il Berlusconi sognato da Forza Italia. L’uomo forte. Il Quirinale come ciambella di salvataggio. Si rischia un gran pasticcio.

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