30 Gennaio 2025

I rapporti con l’America di Trump e il nodo della difesa. La previsione più quotata è che gli alleati potrebbero accordarsi su un impegno di spesa per intorno al 3-3,5% del Pil

Le diplomazie europee sono al lavoro per preparare il vertice informale dei capi di Stato e di governo, in programma il 3 febbraio, nello Chateau di Limont, in Belgio. In agenda ci sarà quella che i funzionari chiamano in codice «La Risposta» da dare a Donald Trump. Il presidente americano, come si è visto anche ieri a Davos, ha occupato lo spazio delle relazioni transatlantiche con una serie di totem. Quello che forse ci inquieta di più è la minaccia di togliere la protezione militare americana a quei Paesi che non aumenteranno le spese per la difesa.
Trump ha anche indicato una soglia che deve valere per tutti i 32 partner della Nato: il 5% del pil. Molti governi del Vecchio continente, compreso quello italiano, hanno già dichiarato pubblicamente che è un obiettivo irraggiungibile. Ma nessuno, almeno finora, ha detto ad alta voce ciò che viene condiviso nelle conversazioni informali tra le diverse capitali europee. Quel 5% è insostenibile anche per gli Stati Uniti. È un totem dall’aspetto truce, ma con una base di sabbia. Bastano poche cifre per dimostrarlo. Nel 2025 il Pentagono avrà a disposizione 895 miliardi di dollari, una somma pari al 3,2% del pil stimato per la fine di quest’anno. Per toccare il 5%, il governo Usa dovrebbe stanziare 526 miliardi di dollari in più, in modo da raggiungere il livello mostruoso di 1.400 miliardi di dollari su un bilancio federale complessivo di circa 7 mila miliardi. Certo, l’aumento della spesa potrebbe essere spalmato su più anni, ma stiamo sempre parlando di un balzo di quasi il 60%. Anche per un decisionista come Trump ci vorrebbero almeno due decenni per tagliare il traguardo, ipotizzando che venga mantenuto l’attuale ritmo di crescita, intorno al 3-4%. Vale a dire una lievitazione del bilancio compatibile con deficit e debito federali sempre più alti.
L’ultima volta che l’America ha destinato alla difesa un importo vicino al 5% del pil, esattamente il 4,90%, risale al 2010, quando doveva gestire le guerre in Afghanistan e in Iraq. È questo lo scenario che hanno in mente i consiglieri di Trump e i generali del Pentagono? Alcuni, come i polacchi e i baltici, ci sperano. Ma tedeschi, francesi, spagnoli e italiani non ci credono.
Tuttavia non sarà sufficiente ridimensionare le pretese di Trump. I principali Paesi europei hanno già sconfessato la convinzione-tabù dominante fino al 24 febbraio 2022, il giorno dell’attacco putiniano all’Ucraina: occorrono gli affari, non le armi per convivere pacificamente con la Russia. Ora, però, si sta discutendo su come mettere in campo un’azione coerente e, soprattutto, concreta. L’appuntamento del 3 febbraio sarà un passaggio importante. Tra i cinque grandi Paesi della Ue, solo Italia e Spagna non hanno ancora raggiunto l’obiettivo di spesa militare pari al 2% del pil. Germania, Francia e Polonia sono ben al di là.
Ma senza un allentamento del Patto di stabilità europeo, italiani e spagnoli rimarranno a lungo in coda. Ecco, allora, un altro tabù da superare. Il fronte del Nord è contrario a scorporare dai calcoli del Patto l’intera voce per la Difesa? Bene, propongono francesi e italiani, togliamo dal conteggio soltanto gli investimenti aggiuntivi necessari per arrivare al 2% e anche oltre. L’altra strada è indicata dal Rapporto Draghi: finanziare le nuove necessità militari con l’emissione di eurobond, garantiti dalla Ue (terzo tabù da archiviare).
Serve una svolta, dunque. Politica e psicologica nello stesso tempo. Il confronto interno alla Ue scorrerà in parallelo alla difficile trattativa tra le due sponde dell’Atlantico che, si presume, durerà fino al summit Nato, il 24-25 giugno prossimo in Olanda. Non sarà facile trovare una sintesi innanzitutto sul versante europeo. Ecco perché va osservato con attenzione il «format Varsavia». È un’iniziativa promossa dalla Polonia che ha messo insieme Germania, Francia, Regno Unito, Italia e, di recente, Spagna per elaborare una posizione comune. Il confronto sembra produttivo. Ma, naturalmente, sarà decisivo l’impatto con Trump. La previsione più quotata è che gli alleati potrebbero accordarsi su un impegno di spesa intorno al 3-3,5% del pil. Per l’Europa sarebbe un ritorno all’epoca della Guerra Fredda.

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