22 Novembre 2024
La Scala di Milano

La Scala di Milano

La Scala di Milano

Al via la serata inaugurale del teatro con un evento che schiera ventiquattro artisti con le arie più note e popolari. Sul podio il maestro Chailly, la regia è di Davide Livermore

 

L’orchestra e il coro e con loro, simbolicamente, gli attrezzisti e le maschere, i tecnici di palcoscenico: sono i Fratelli d’Italia con cui inizia una prima della Scala che è anche la prima nella storia senza pubblico, e con le mascherine sul volto; sono loro a cantare l’Inno di Mameli che apre il Sant’Ambrogio più popolare cui mai agli appassionati sia capitato di assistere, senza però aver pagato migliaia di Euro per i biglietti per entrare nel tempio dell’opera e restando sul proprio divano, davanti a Rai 1 o ascoltando la radio. Cantano tutti i lavoratori perché la Scala sono anche loro, sono tutti coloro che hanno permesso a questa Prima ai tempi della pandemia di andare in scena nonostante l’emergenza, le difficoltà, i contagi che hanno fatto saltare la Lucia di Lammermoor in favore di uno spettacolo con ventiquattro tra i cantanti più famosi del mondo: voci e corpi che conducono lo spettatore attraverso la storia delle lirica e delle arie più popolari per tornare appunto, come recita il titolo dell’evento, A riveder le stelle.

La prima della Scala, lo spettacolo sul palco
Prima d’eccezione al Teatro alla Scala con l’evento ‘A rivedere le stelle’ che prende il posto della inaugurazione tradizionale. Sfilano i grandi della lirica, gli spettatori – in diretta su Rai 1 – seguono le arie più celebri. Sul podio il maestro Riccardo Chailly, apre le danze Luca Salsi con ‘Cortigiani vil razza dannata’ da ‘Rigoletto’, poi dalla stessa opera il microfono passa a Vittorio Grigolo per ‘La donna è mobile’. Sono solo i primi dei ventiquattro artisti che animano una serata speciale, fatta d’arte e bellezza.
Una veduta aerea di Milano, i nuovi grattacieli di Citylife, il castello sforzesco, corso Sempione, poi il Duomo e infine piazza della Scala: inizia con una veduta aerea della città meneghina lo spettacolo, con la voce di Mirella Freni, che canta Adriana Lecouvirer. A volare fino al teatro è la Musa della Musica che lo trova però vuoto, con una sola donna delle pulizie che accenna all’Inno nazionale. Poi la luce si accende e dai palchi si vede il coro mentre gli altri lavoratori ‘occupano’ il palco. Quando il direttore d’orchestra Riccardo Chailly dà l’attacco sono loro a cantare l’Inno di Mameli. Un modo per dire che la Scala c’è e vuole esserci.
“È stato molto emozionante, la prima grande emozione è stata vedere questi grandi cantanti e gli altri che sono venuti. Ho avuto l’impressione che tutto il mondo dell’opera volesse darci una mano in segno di affetto alla Scala e all’Italia. I grandi artisti sono ambasciatori della bellezza e lo hanno fatto”, spiega il sovrintendente della Scala, Dominique Meyer.
Milly Carlucci e Bruno Vespa, poco prima dell’inizio, avevano introdotto A riveder le stelle non dal foyer del Piermarini tra ospiti eleganti e rappresentanti delle istituzioni ma dal Palco Reale, con il maestro Riccardo Chailly, bacchetta dell’evento: “È un evento senza pubblico e senza contestazioni – come le uova tirate alle ospiti – né belle donne come te, con grandi gioielli al collo”, dice Vespa rivolgendosi a Carlucci. “È un momento importante per tutta la cultura musicale, anche pop”, commenta, con pacatezza, Carlucci. E Chailly, nel backstage prima dell’evento, spiegava così le difficoltà del suonare con le mascherine con “il contatto visivo con i musicisti” ridotto, più difficoltoso: “Il pubblico ci mancherà, è la prima volta che ci esibiamo in queste condizioni. Gli artisti hanno dovuto affrontare quindici autori in quindici stili differenti. Un’orchestra con meno esperienza avrebbe faticato a realizzare un’impresa come questa”, osserva il direttore. “È un’esperienza straordinaria dal punto di vista acustico, suonare senza pubblico, con l’orchestra al centro della grande volta” spiega, “ma quando si arriva all’ultima nota e c’è il silenzio assoluto, i palchi vuoti, c’è sì una grande emozione da un lato ma dall’altro un senso di grande mancanza”.
Le donne saranno anche quelle cantate in questo evento che, nella tragicità, diventa unico e quindi bellissimo: Butterfly la fragile, Lucia la pazza, Liù la sacrificata, Carmen la passionale. Donne temerarie, forti, combattute, per certi versi sfortunate: sono solo alcune delle protagoniste femminili di A riveder le stelle. Figure delicate eppure decise, regine da operetta e schiave innamorate. Tragicità e fato contrario, come quella che fa sfondo alla Madama Butterfly che, come la maggior parte delle protagoniste femminili di Puccini, sono spesso accumunate dalla triste fine che le accompagna: disperate, sole, morte di tisi o suicide.

Prima della Scala, Luca Salsi apre con Rigoletto
Maria Grazia Solano recita, a cappella, le prime strofe dell’Inno d’Italia: è sul palco sola, senza strumenti a supportarla, con la voce che rimbomba nella sala vuota. È lei la donna vestita come un’addetta alle pulizie, con una scopa in mano, che rappresenta ogni lavoratore del prestigioso teatro. Perché tutti hanno contribuito a mandare in scena lo spettacolo che sostituisce la più tradizionale Prima, tutti fino all’ultimo.
C’è, subito dopo, un ricordo per Ezio Bosso, direttore d’orchestra nel 2019. “Siamo molto felici che le parole del nostro fratello, figlio e zio possano entrare in un’importante istituzione come il Teatro Alla Scala e che, inoltre, possano essere anche essere su Rai 1. È un importante riconoscimento rispetto al suo pensiero: le arti performative sono sempre una produzione non orpello, sono politica non decoro, e devono andare avanti, soprattutto in un momento difficile come questo”: così, durante la serata, ha fatto sapere Tommaso Bosso, nipote di Ezio, parlando a nome della famiglia e commentando la scelta della Scala di proporre le parole del compositore scomparso nella serata di inaugurazione della nuova stagione.
Si torna subito in scena con Caterina Murino che recita Victor Hugo, per poi arrivare al vero inizio della serata musicale: apre le danze Luca Salsi con Rigoletto e Cortigiani vil razza dannata, primo passaggio di una sorta di compendio di quel che ha fatto grande il melodramma, dal Nessun dorma della Turandot a Una furtiva lacrima dall’Elisir d’amore. Tre uomini completamente mascherati, con una pistola in mano, camminano attorno al baritono tra un palco fatto di acqua, vera. Ai suoi piedi una donna, dietro una transenna, con il rossetto che le sporca le labbra, caduta a terra nel dolore e nella paura. Ed è già un bellissimo dramma, intenso come non si era visto prima.
Vittorio Grigolo, tenore classe 1975, che solo pochi giorni fa a Repubblica aveva detto che questo sarebbe stato “il nostro We Are the World“., uno dei grandi protagonisti annunciati dell’evento: “Ne avevamo bisogno in questo momento, di ritrovarci tutti insieme in una sorta di Opera Aid, come quando Springsteen e Dylan e Michael Jackson e Tina Turner si strinsero l’uno all’altro per quell’indimenticabile brano”, aveva detto. E così sembra, con la sua interpretazione de La donna è mobile.

Scala, meraviglie in scena: gli abiti di Armani
Gli abiti di A riveder le stelle sono pensati da un piacentino che a Milano ha trovato la sua prestigiosa casa: Giorgio Armani. Molti dei vestiti indossati stasera dalle star mondiali della lirica, sul palco della Scala, sono nati da una creatività unica al mondo. La mezzosoprano Marianne Crebassa indossa un abito rosso con bustino interamente ricamato in paillettes e cristalli e gonna a balze in tulle e crinolina e un abito da sera in velluto di seta nero e dettagli ricamati tono su tono con maniche in frange ricamate, mentre il soprano statunitense Lisette Oropesa ha optato per un vestito da sera in tulle nero a pois lamé, interamente ricamato con perle e cristalli; il soprano lettone Kristine Opolais ha voluto fasciarsi in un completo in velluto di seta nero, con profondo scollo a cuore ricamato in cristalli tono su tono, completato da una cappa in tulle interamente ricamata. Il tenore italiano Vittorio Grigolo ha scelto un classico frac nero in lana mentre Milly Carlucci, presentatrice della serata, ha indossato uno smoking nero. Anche i primi ballerini Nicoletta Manni, Martina Arduino, Virna Toppi, Timofej Andrijashenko e Claudio Coviello e i solisti Maro Agostino e Nicola Del Freo hanno indossato le creazioni di Armani, mentre per le esibizioni hanno costumi di scena: “Ritengo questo spettacolo un appuntamento irrinunciabile al quale parteciperò seduto sul divano ma con l’attenzione e la gioia di sempre per il meraviglioso mondo musicale nel quale ci invita e ci fa immergere”, ha commentato lo stlista.

Prima della Scala, il treno del Don Carlo
Dopo di lui arriva il lirico russo Ildar Abdrazakov che interpreta Ella giammai m’amò dal Don Carlo. La scenografia è una carrozza di un treno d’altri tempi, un Orient Express che corre su uno sfondo di pini innevati e gelo. Un canto disperato per un affetto non ricambiato in una sola frase: “Amor per me non ha!”. Ludovic Tézier, baritono francese, si cimenta in Per me giunto, sempre dal Don Carlo, cui fa seguito la prima cantante donna di A riveder le stelle: è il mezzosoprano lettone Elina Garanca.
Wagner e Bizet, Donizetti e Puccini, Verdi e Rossini: tutto il repertorio della serata è collegato da brani letti da attori – come Caterina Murino e Massimo Popolizio, che in apertura ha introdotto il pubblico in scena, letteralmente accompagnandolo dal dietro le quinte fin sul palcoscenico. O come la scrittrice Michela Murgia che, dopo l’esibizione di Tézier, introduce le eroine d’opera e dunque fa una riflessione sulla condizione della donna, per trasmettere, com’è nelle intenzioni del regista Davide Livermore, quanto siano attuali le emozioni espresse dal melodramma. Ed è proprio questo il momento di un’altra donna, sul palco della Scala, sempre inondato dall’acqua sul quale danzano due ballerini e due maschere-inservienti con tanto di ombrello: il soprano Lisette Oropesa, nata a new Orleans nel 1983, ha il compito di cantare il Donizetti di Regnava nel silenzio, da Lucia di Lammermoor. Puccini entra in teatro con Tu, tu piccolo Iddio, da Madama Butterfly, cantata dal soprano lettone Kristine Opolais.

Teatro alla Scala, i classici e le danze

Camilla Nylund con Andreas Schager: la coppia si cimenta nel Wagner di Winterstürme da Walküre, poi si ritorna a uno dei compositori italiani operistici più celebri, Gaetano Donizetti: è la volta di So anch’io la virtù magica, dal Don Pasquale, cantata da Rosa Feola e Una furtiva lacrima, da Elisir d’amore, con la voce di Juan Diego Flórez.
I giovanissimi Nicoletta Manni e Timofej Adrijashenko ballano su Lo Schiaccianoci Adagio dal Grand pas de deux, Atto II, poi si arriva a un altro grande classico: il Giacomo Puccini di Signore ascolta, da Turandot. La interpreta Aleksandra Kurzak, prima che le telecamere tornino sull’eroica orchestra. I musicisti con la mascherina, concentratissimi, che dietro le protezioni soffiano e prendono fiato al ritmo del Preludio, dalla Carmen di Georges Bizet. Il compositore e pianista francese è ancora in scena con la Carmen: prima con l’Habanera, protagonista la voce di Marianne Crebassa, poi con Piotr Beczala, che canta La fleur que tu m’avais jetée.

Prima della Scala: i commoventi Verdi e Montale
Morrò, ma prima in grazia ed Eri tu da Un ballo in maschera: Eleonora Buratto e George Petean, vestito, dietro una scrivania cinta da due bandiere americane, come il Presidente degli Stati Uniti, omaggiano il compositore nato nel 1813 in una piccola frazione del comune di Busseto, in provincia di Parma. Poi, la voce della brava attrice Laura Marinoni recita le struggenti parole di Ho sceso, dandoti il braccio di Eugenio Montale, dedicata alla moglie non vedente ormai non più accanto a lui: “Ho ricevuto in dono una poesia di Montale, di quelle che me l’hanno fatto amare da ragazzina”, aveva detto a Repubblica Marinoni, “e un brano della Fedra di Racine. Avevo già recitato la Fedra di Seneca, è uno dei personaggi che comprendo di più, mi ritrovo nella sua anima tragica. Sembra casuale, ma ci sono sempre delle rispondenze profonde che uno trova dentro di sé”.

Un Subsonica alla Scala: Boosta fa ballare Bolle
“Sono felice e privilegiato perché un po’ della mia musica risuonerà tra le mura della Scala, brutto anatroccolo in mezzo a nomi di una bellezza incredibile”: così Davide ‘Boosta’ Dileo, fondatore dei Subsonica, raccontava sui social l’emozione di essere stato chiamato alla Scala in qualità di autore delle musiche su cui si è esibito l’etoile Roberto Bolle. “In questo momento drammatico”, ha spiegato Boosta, “non riesco a non pensare che istruzione e arte siano due dei presidi di civiltà su cui non bisognerebbe mai spegnere i riflettori. Ci auguro un lunedì migliore possibile”. Tra fasci di laser colorati, unici ‘arredi’ del palco, Bolle ha ballato sul brano Waves , ‘Onde’. E di onde sonore e brividi che questo spettacolo inedito arriva ai telespettatori, anche attraverso la musica pop, l’elettronica di un gruppo torinese come i Subsonica che, di masse, ne hanno fatte ballare tantissime, dal vivo, nei palazzetti di tutta Italia.

Prima della Scala, Roberto Bolle duetta con un laser
Una coreografia che mette insieme tecnologia e tradizione, uno dei cavalli di battaglia di Roberto Bolle: alla prima del Teatro alla Scala l’étoile ha partecipato con ‘Waves’, in cui “duetta” con un laser.

La Scala, da Giordano a Puccini, il gran finale
Giuseppe Verdi ritorna con una suite con gli estratti dai ballabili, da I Vespri siciliani, Jérusalem e Il trovatore, con la coreografia firmata da Manuel Legris e, a danzare, Martina Arduino, Virna Toppi, Claudio Coviello, Marco Agostino e Nicola Del Freo. Credo, da Otello, lo canta il baritono spagnolo Carlos Álvarez. L’incursione dell’ultimo atto dello spettacolo è però nel repertorio del ‘verista’ foggiano Umberto Giordano con La mamma morta, da Andrea Chénier, interpretata da Sonya Yoncheva e Nemico della patria, cantata da Plácido Domingo che, prima di arrivare a Milano, aveva detto: “Sarà una prima unica, speriamo sia unica e che questa pandemia finisca. Il pubblico vuole essere qui e noi lo vogliamo. Comunque questa prima sarà ricordata”.
Una prima che è uno spettacolo per gli occhi e non solo per le orecchie. Uno spettacolo popolare e pop, entrambe le cose, connubio che solo fino a qualche anno fa sembrava ardito e che – chissà – forse allargherà il pubblico dei cultori dell’opera e porterà i più giovani – se il costo dei biglietti verrà calmierato – in teatro.
A Puccini e Rossini è dunque dedicato il gran finale: E lucevan le stelle, da Tosca (Roberto Alagna), Nessun dorma, da Turandot (Piotr Beczala), Un bel dì vedremo, da Madama Butterfly (Marina Rebeka). Tutto cangia, il finale da Guglielmo Tell di Rossini, con Eleonora Buratto, Rosa Feola, Marianne Crebassa, Juan Diego Flórez, Luca Salsi e Mirko Palazzi, chiude A riveder le stelle. Si esce, fa freddo e le stelle si vedono per davvero. Le parole di Dante Alighieri, pronunciate da Milly Carlucci e Bruno Vespa che camminano fuori dal Teatro della Scala, riportano lo spettatore alla realtà e, in questo momento, assumono un duplice significato:

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