19 Settembre 2024

I dipendenti evitano di prendere decisioni di fronte alla giungla opaca e ambigua di norme generata dalla politica

Le debolezze della nostra Pubblica amministrazione sono l’usuale capro espiatorio della incapacità dei governi a mantenere le promesse fatte agli elettori e gli impegni presi a livello internazionale. I ritardi nella realizzazione del Pnrr è solo l’ultimo esempio di questo scaricabarile.
Se andiamo ad analizzare i dati sulla performance della nostra Pa non sembrano emergere grandi differenze a livello di competenze professionali con quelle di altre amministrazioni europee. Sicuramente la nostra Pa è, però, sovrabbondante di laureati in legge e scarseggia, ad esempio, di ingegneri. Se valutiamo l’output della Pa in base a indicatori quantitativi come il numero di addetti in rapporto al numero degli abitanti riscontriamo che il nostro Paese è, però, sotto dimensionato rispetto ai principali Paesi europei. Ad esempio se si volesse portare il valore dell’Italia di 17,37 abitanti per addetto al settore pubblico a quello della Francia (11,16) bisognerebbe assumere 1.894.000 nuovi addetti, il 55,6% del suo attuale organico. Come mette in luce un gruppo di economisti di Torino coordinati da Guido Ortona, il confronto internazionale è particolarmente preoccupante in alcuni settori come quello della Sanità (Germania 16 e Francia 17 vs. 31 in Italia).
Basterebbe quindi l’aumento del personale nella Pa a risolvere il problema della lentezza se non dell’immobilismo della nostra macchina pubblica? Purtroppo no. Il problema principale, come è stato messo in luce più volte, è di tipo comportamentale: il timore dei dipendenti pubblici a prendere decisioni che li porta fino alla paralisi operativa. Il comportamento prudenziale, difensivo e l’alta avversione al rischio dei dipendenti della Pa non è, però, solo loro responsabilità. Esso è, più che altro, un atteggiamento adattivo di fronte alla giungla opaca e ambigua di leggi e regolamenti generata principalmente dal ceto politico. Nel momento di decidere, l’alta percezione del rischio delle conseguenze professionali, penali e patrimoniali, di non aver stimato correttamente la «compliance» normativa, genera il tipico comportamento difensivo e di blocco decisionale (spiegato anche dal fenomeno dell’«avversione alla ambiguità»).
Le decisioni di tipo difensivo sono solo uno delle caratteristiche comportamentali che hanno effetto negativo sulla performance della Pa. Vi sono molti altri aspetti di subottimalità legati agli errori, distorsioni e «bias» decisionali che spesso derivano dalla stessa architettura organizzativa della Pa. Per studiare questi fenomeni e sperimentare i possibili rimedi nel 2019 è stato creato il Team di Analisi comportamentale (Tac), presso il Dipartimento della Funzione pubblica, con il sostegno del Formez. L’obbiettivo di questo team, il primo fra i Paesi Ocse, è capire quali sono le variabili comportamentali che possono essere d’ostacolo al buon funzionamento della Pa; quali sono le cause di queste distorsioni; quali stimoli comportamentali («nudge») introdurre per ridurre la loro presenza. In definitiva realizzare un vero e proprio «audit» comportamentale.
Il Tac in questi ultimi tre anni ha studiato sei amministrazioni centrali dello Stato (il 5 aprile a Roma sono stati presentati i risultati, con la partecipazione di Olivier Sibony, uno dei padri dell’audit comportamentale). Lo studio empirico basato sulla ricerca qualitativa e quantitativa si è concentrato su un aspetto spesso trascurato nella analisi della organizzazione pubblica (ma non in quella privata): il comportamento di cittadinanza organizzativa (Ocb la sigla in inglese). Si tratta di una serie di variabili raggruppabili nelle tre categorie spirito civico, coscienziosità ed altruismo che caratterizzano l’impegno e l’identità organizzativa al di là degli obblighi contrattuali. Quando l’Ocb è alto si è riscontrato un miglioramento della performance della organizzazione. Il Tac ha evidenziato questo rapporto anche nella nostra Pa e nel caso di debolezza di alcune variabili ha introdotto con successo degli stimoli comportamentali per migliorarle.
Gli Ocb sono solo una parte delle variabili comportamentali rilevanti nella Pa. Le altre tre principali categorie su cui il Tac dovrebbe concentrarsi nel prossimo futuro sono i «bias» decisionali soprattutto a livello dirigenziale e come ridurli; la mancanza di una cultura dell’errore che lo consideri parte del processo di apprendimento organizzativo; il freno al cambiamento e innovazione organizzativa per attrezzare la Pa alle sfide del cambiamento del contesto sociale ed economico.

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