Fonte: La Stampa
di Federico Capuzzo e Ilario Lombardo
Gruppi contro Spadafora per nomina di Cozzoli. Bonafede capodelegazione. Domani vertice di maggioranza
«Vito Crimi è allineato». Quattro semplici parole, provenienti dalla cerchia ristretta di Luigi Di Maio, mettono in chiaro che il reggente dei 5 Stelle non si scosterà dalla linea politica impostata dal predecessore. «E così deve continuare a fare», aggiungono a denti stretti, coscienti che in Senato in molti stanno cercando di trascinare Crimi sul fronte degli oppositori dell’ex capo politico. L’unica preoccupazione di Di Maio, ormai, è quella di assicurare la propria eredità interna, di tessere le fila per azzoppare aspiranti leader e tenere lontano il partito da Giuseppe Conte e dal centrosinistra.
Da Crimi sono già arrivate rassicurazioni durante un vertice riservato tra i due, alla Camera, avvenuto ieri pomeriggio nelle stanze del governo. Il primo passo da compiere è la conferma di Alfonso Bonafede come capo delegazione al governo. E l’indicazione arriva in serata durante la riunione dei membri grillini dell’esecutivo. Sarà il ministro della Giustizia dunque a partecipare al primo vertice in vista della verifica sull’agenda, previsto per domani.
Così, Di Maio rinsalda la linea politica impostata prima dell’addio: «Nessun progetto di alleanza strutturale con il centrosinistra, né a livello nazionale né alle prossime Regionali». Non è un caso che dalla cerchia di Di Maio filtri un sentimento di forte irritazione nei confronti di Conte. L’apertura netta fatta dal premier a Nicola Zingaretti, invitando i Cinque stelle a prendere parte a un fronte anti-destre, viene letta come una pugnalata alle spalle: «Dire certe cose il giorno dopo le Regionali, con il risultato che abbiamo avuto, è stata una mossa scorretta. Così ci condanna a fare da stampella al Pd». E questo nonostante Conte sia l’unico, al momento, in grado di tenere testa al leader leghista. Almeno nei sondaggi, o nei salotti tv, come ha dimostrato il record di share del premier a Otto e mezzo lunedì sera.
Avere due uomini fedeli alla linea, però, potrebbe non bastare. Dai gruppi parlamentari è iniziato il pressing per correre in coalizione con il centrosinistra alle prossime Regionali di maggio, soprattutto in Campania, in Liguria e in Puglia. Per questo Di Maio vorrebbe spostare più in là gli Stati generali, attualmente previsti il 13 marzo, posticipandoli magari al 4-5 aprile, primo weekend utile dopo il referendum sul taglio dei parlamentari. Agli Stati generali, infatti, i rapporti di potere interni potrebbero cambiare e rischia di passare una nuova linea filo-Pd. Trascinare ad aprile la fase congressuale e, di conseguenza, lasciare più a lungo Crimi come reggente, darebbe all’ex capo politico più tempo per organizzare le truppe e toglierebbe giorni preziosi alla fronda interna che ammicca al centrosinistra.
Le due fazioni si stanno armando. Il mirino dei fedelissimi di Di Maio è puntato contro il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, che infatti si tiene prudentemente fuori da ogni partita politica interna e molla la sfida per il capo delegazione. Ma dopo l’ennesima batosta elettorale, e senza leader, con il M5S allo sbando, i gruppi aprono nuovi fronti di faida interna. Gli eletti calabresi chiedono a gran voce l’espulsione del presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, reo di aver preso le distanze dal candidato governatore Francesco Aiello prima delle urne e di aver ammesso, poi, di non averlo votato. Nel tritacarne finisce anche il ministro dello Sport Spadafora, colpevole di aver nominato Vito Cozzoli al vertice dell’ente Sport e Salute, braccio operativo del Coni. Cozzoli, che Di Maio aveva voluto con sé come capo di gabinetto allo Sviluppo, viene considerato dai 5S un uomo troppo legato alle sfere di potere romano, lontane dalle logiche di scelta dei grillini affidate ai curriculum. Persino la nomina di Roberto Ciccutto alla guida della Biennale di Venezia suscita l’ira di alcuni, come la senatrice Michela Montevecchi. Segno che lotta interna non ha fine.