20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Beppe Severgnini

Un’immagine dal ricevimento: Trump dietro, grosso e vestito di scuro, la regina davanti, in abito a fiori, che gli mostra il protocollo. Lui avrebbe da imparare dall’esperienza di lei

Tutti vorremmo sapere quali pensieri si muovevano sotto i capelli candidi, mentre la regina Elisabetta riceveva Donald Trump e affrontava le sue strette di mano. Accoglienza impeccabile, perché la sovrana è una professionista, che crede nelle forme e nei doveri dell’ospitalità. Ma vederli vicini faceva impressione. Il presente e il passato in un scatto angloamericano. Sapendo che il futuro, per i due Paesi, potrebbe essere complicato. La Gran Bretagna avrà presto un nuovo capo di governo e probabilmente uscirà dall’Ue. Il presidente degli Stati Uniti — bersagliato da critiche e accuse in patria — pensa come trarne vantaggio, promette accordi strabilianti e intanto gongola: non gli piacciono le grandi Unioni, preferisce trattare con i piccoli Stati che rimangono grandi solo nel nome. La special relationship tra le due nazioni esiste, ma è squilibrata, e rischia di diventarlo ancora di più. Per l’America, il Regno Unito è importante. Per il Regno Unito, l’America rischia di diventare vitale. E quale europeo affiderebbe la propria vita politica a Donald Trump? Per lui, non c’è dubbio, Londra è anche una splendida coreografia (le cerimonie inglesi sono come i sorrisi italiani: marchi di fabbrica). Non vanno sopravvalutati, nei discorsi ufficiali, i riferimenti all’alleanza e all’antico legame tra le due nazioni, che pure esiste. La storia e la lingua non s’inventano. La vittoria sul nazismo nel XX secolo è merito di entrambi, e verrà giustamente celebrata domani, 75° anniversario dello sbarco in Normandia. E gli Stati Uniti, nel XVIII secolo, sono nati da una costola dell’impero britannico. Ma i padroni di ieri, se non stanno attenti, rischiano di diventare i servitori di domani. Non hanno certo parlato di questo, l’anziana signora fragile — vestita color menta di giorno, di bianco la sera — e l’ospite corpulento, impettito nel suo tuxedo cinematografico. Ma il vecchio e il nuovo scintillavano nel sole di Londra e dentro l’argenteria di Buckingham Palace. Cosa pensi la regina degli ospiti — di ogni ospite, figuriamoci di questo — è impossibile da sapere: la sovrana è una professionista di lungo corso, e sa che deve restare fuori dalla politica. Boris Johnson, se arriverà a Downing Street, sarà un interlocutore facile per Donald, cui si avvicina per questioni caratteriali e tricologiche. Perché parla tanto. La regina ascolta. Primi ministri britannici e capi di Stato stranieri: in 67 anni di regno ha visto passare di tutto e sentito ogni cosa. Elisabetta non amava particolarmente la coetanea Margaret Thatcher — che definiva «un purgatorio» i periodici colloqui con la regina — mentre aveva una forte simpatia , ricambiata , per i laburisti James Callaghan e Harold Wilson, dal quale si fece addirittura accompagnare in una visita alla madre: la regina al volante, il primo ministro impettito di fianco. Gli ex primi ministri viventi, e tutti gli interlocutori stranieri, concordano nel dire che Sua Maestà è incredibilmente bene informata. Sir Alec Douglas-Home disse che «Elisabetta ne sa più di tutti i diplomatici che riceve»: ed erano gli Anni 60, pensate quanto ha imparato da allora. Corre voce che la sovrana, in passato, si sia lamentata col Foreign Office perché i briefing che riceveva erano «troppo elementari». È difficile immaginare Donald Trump che protesta allo stesso modo col Dipartimento di Stato. L’impressione è che Elisabetta abbia avuto un effetto calmante su Donald Trump. Il presidente si era fatto precedere da dichiarazioni bellicose — contro il sindaco di Londra, e non solo — ma durante la visita si è comportato in maniera tranquilla. C’è un’immagine simbolica, durante lo scambio dei doni. Lui grande e grosso e scuro; lei piccola e piegata in avanti, con un abito floreale. Lei davanti, lui dietro. Lei guidava, lui seguiva. Sarebbe bello se accadesse ancora: Donald Trump dovrebbe ascoltare chi ne sa più di lui. Ma non accadrà. L’ospite partirà, e riprenderà come prima.

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