19 Settembre 2024

POLITICA

Fonte: La Stampa

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Approvato l’articolo 1, ora l’incognita dei voti segreti. Verdini e i suoi con la maggioranza

Le riforme procedono nell’aula del Senato, con maggioranza e governo che approvano il primo articolo e ottengono dei numeri più che confortanti, sempre oltre quota 170 voti, vale a dire ben oltre la maggioranza assoluta. Eppure che ci sia il timore di qualche sgambetto lo dimostra il fatto che il governo abbia ipotizzato di presentare all’articolo 2 un proprio emendamento, così da evitare sei voti a scrutinio segreto (salvo poi decidere di bloccare l’iniziativa), senza contare la scoperta di un altro emendamento «canguro» del Pd ad un successivo articolo, il 21, da cui però il governo ha preso subito le distanze.

Le opposizione hanno accusato non solo la maggioranza e il governo ma anche il presidente Pietro Grasso, il quale d’altra parte ha scontentato anche l’Esecutivo ammettendo sei voti segreti sull’articolo 2. Nella seduta del mattino, dopo numerose polemiche delle opposizioni, è stato approvato l’emendamento del Pd Roberto Cociancich che recepiva l’accordo di maggioranza sul primo articolo: emendamento che, per come è stato scritto, ha fatto decadere circa 300 emendamenti successivi. I sì sono stati 177, 57 i no e 2 gli astenuti. Cifre analoghe per l’approvazione sull’artico 1 nel suo complesso (172 sì, 108 i «no» e 3 astenuti), tutte ben superiori alla maggioranza assoluta (161 voti). A irrobustire le file della maggioranza di governo si sono aggiunti i voti di Ala, cioè i senatori vicini a Denis Verdini, e degli ex Fi Sandro Bondi e Manuela Repetti.

Nonostante tali numeri però è emersa la preoccupazione del governo davanti ad alcuni voti segreti sull’articolo 2. Alcuni emendamenti delle opposizioni (Lega e Sel), infatti, reintroducevano l’elezione diretta del futuro Senato e citavano le minoranze linguistiche, tema su cui a Palazzo Madama è previsto lo scrutinio segreto. Il timore di alcuni ministri, secondo fonti parlamentari del Pd, tra qui anche Maria Elena Boschi, era che il desiderio di tornare all’elezione diretta potesse spingere alcuni senatori della minoranza del Pd, alcuni di Ncd e del gruppo della Autonomie a votare per tali emendamenti. Addirittura in una lunga riunione tra i capigruppo di maggioranza (Luigi Zanda, Karl Zelelr e Renato Schifani) e il ministro Boschi si è ipotizzato un maxi-emendamento del governo all’articolo 2. Una idea però esclusa su suggerimento di Zanda, Schifani e Zeller perché avrebbe aperto la possibilità di sub-emendamenti delle opposizioni sui temi delle minoranze linguistiche con conseguente scrutinio segreto. L’ipotesi è stato quindi esclusa dal ministro delle Riforme.

Boschi ha quindi incontrato il presidente Grasso, rassicurandolo sull’assenza di un emendamento del governo. Ma alla ripresa dei lavori (nel pomeriggio c’è stata la riunione del Parlamento in seduta comune per eleggere tre giudici costituzionali) l’Esecutivo ha avuto una buona notizia, con l’annuncio di Grasso che ha sminato gli scrutini segreti. Infatti gli emendamenti temuti saranno votati per parti separate, con lo scrutinio segreto solo per la parte riguardante le minoranze linguistiche. L’annuncio ha scatenato la protesta delle opposizioni, da Roberto Calderoli a Giovanni Endrizzi (M5s), da Paolo Romani (Fi) a Cinzia Bonfrisco (Cor) fino a Loredana De Petris (Sel) che hanno accusato Grasso di piegarsi ai desideri del governo. Il presidente del Senato è stato difeso da un applaudito intervento di Vannino Chiti il quale, sconsolato, ha osservato: «non si parla del merito ma delle procedure». Un altro passaggio procedurale ha scaldato gli animi. Si è infatti scoperto che Cociancich ha presentato un altro emendamento «canguro» questa volta all’articolo 21, che riguarda l’elezione del presidente della Repubblica. Il fatto ha suscitato la levata di scudi delle opposizioni ma ha fatto storcere il naso anche alla minoranza del Pd, già infastidita dal fatto che la legge sta andando avanti con i voti dei senatori di Verdini.

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