Fonte: Corriere della Sera
di Monica Guerzoni
Tensioni con Renzi, l’ex ministro non sarà alle primarie. «Con grande sofferenza, ma con altrettanto senso di responsabilità», l’ex ministro dà forfait
Giorni e notti di tormenti, di riunioni fiume con i parlamentari amici, di silenzi carichi di delusione, astio e reciproca diffidenza tra lui e Matteo Renzi. E alla fine, «con grande sofferenza, ma con altrettanto senso di responsabilità», Marco Minniti ha maturato il clamoroso passo indietro: «La situazione non è più sostenibile. Lo faccio per il partito, con lo stesso spirito di servizio con il quale avevo accettato la candidatura alla segreteria». L’ex ministro dell’Interno, apprezzato (e contestato) per il suo impegno al Viminale nel fronteggiare la crisi migratoria, ha dunque maturato l’idea di rinunciare alla candidatura alle primarie, lasciando campo libero a Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e agli altri candidati.
Trauma per la corrente renziana
Un vero e proprio trauma per la corrente renziana, dilaniata e scossa dalle mosse del leader che ormai lavora alla luce del sole per un partito tutto suo. Impegnato ieri in una lunga serie di incontri a Bruxelles, l’ex premier ha dato il benservito al «suo» candidato: «Marco Minniti è irritato? Io non mi occupo del congresso del Pd». Parole che, unite all’ultimatum di Antonello Giacomelli, hanno spazzato via i dubbi residui e convinto il quasi ex candidato a chiudersi con i suoi per l’ultima riflessione. «Sono perfettamente consapevole della pesantezza di questo atto. E so che sarò io a prendermi addosso tutto il fango — si è sfogato Minniti —. Ma ho misurato il rischio di un congresso che non avrebbe dato un esito definitivo e, credetemi, lasciare è la decisione migliore. La mia sofferenza sarà ripagata da un risultato chiaro e dalla vittoria di un nome autorevole».
Faccia a faccia con Lotti
A Montecitorio i dem hanno passato un giorno di spasmodica attesa, preoccupazione, sconcerto. I renziani hanno tentato un disperato pressing, nella segreta speranza che Minniti stia solo lanciando un potente ultimatum all’ex segretario. Ma lo strappo potrebbe essere irreversibile. «Ci perdo solo io — è la riflessione finale che Minniti ha condiviso in un lungo faccia a faccia con Luca Lotti, un tempo plenipotenziario di Renzi — Non è una resa la mia, ma un atto di generosità. Le primarie daranno un risultato chiaro e netto e il partito non finirà in pezzi». L’ex ministro è convinto di uscirne «con stile», anche se adesso i renziani sono privi di un candidato al congresso. La girandola dei nomi è ripresa in tempo reale. C’è chi spinge per Ettore Rosato, chi vorrebbe una donna della tempra di Teresa Bellanova e chi spera di convincere Graziano Delrio a rinunciare alla guida del Copasir. Ma anche il giglio magico è ormai frammentato, Renzi è dipinto dai fedelissimi «con un piede fuori» e la tentazione della corsa in solitaria terrorizza tanti.
Dilemma impossibile da risolvere
È questo il tema che ha lacerato i rapporti tra Renzi e Minniti. Il primo rimprovera all’ex ministro la caparbia volontà di correre con il sostegno sul territorio dell’intera area, senza però accettare l’etichetta di renziano. E il secondo non manda giù la pretesa di lanciarlo alle primarie alla guida di una corrente impegnata a preparare la scissione. Un dilemma impossibile da risolvere, che ha innescato la miccia del divorzio. Tra le tanti voci fuori controllo di una giornata di passione per i dem è girata anche quella di un furibondo scontro al telefono tra Renzi e Minniti, smentito in serata dai collaboratori dell’ex ministro: «Matteo non lo ha cercato, i due non si sentono da una settimana». La rottura si sarebbe consumata nel più totale gelo, con l’ex premier deciso a tenersi le mani libere. Eppure il pressing dei renziani per convincere il candidato a rimanere tale è andato avanti fino a notte. Lotti, Guerini e Rosato si sono visti e hanno deciso di rinnovare l’impegno. «Noi lo sosteniamo con convinzione — assicura Rosato —. Quando Marco decide di partire, si parte».