POLITICA/DONNE
Fonte: La StampaTre emendamenti trasversali sulla legge elettorale e una lettera aperta al premier
Ieri sera l’ipotesi che alcune donne del Pd e di Forza Italia ancora stavano valutando era quella di un appello pubblico a Renzi e Berlusconi. Nel delicato cammino della legge elettorale, cominciato ieri mattina in Aula alla Camera, la prima mina da dribblare alla vigilia della festa della donna è quella di tre emendamenti firmati trasversalmente da deputate (e anche qualche deputato) della maggioranza e pure di Forza Italia per assicurare la parità di genere. «Nessuno vuole far saltare l’accordo, ma penso che approvare una legge elettorale che garantisca la parità di genere sia un punto qualificante che gli stessi leader dovrebbero intestarsi», ragiona la deputata Pd Marilena Fabbri. E molto simile è il discorso della forzista Stefania Prestigiacomo, che da ministro delle Pari opportunità nel 2006 lottò per fare passare le quote rosa, «ed è triste che dopo otto anni ancora di questo dobbiamo discutere».
Il testo della riforma prevede sì che ci sia un 50% di donne in lista, ma prescrive anche che i candidati possano essere fino a due dello stesso sesso in fila: in pratica, si potrebbero mettere ovunque candidati maschi nei primi due posti, quelli di più certa elezione, lasciando alle donne i posti in fondo alla lista in cui si è certi di non essere eletti. I tre emendamenti – prima firmataria la democratica Agostini, ma a seguire c’è mezzo Pd, anche molti uomini, e poi forziste di prima fila come Prestigiacomo, Carfagna, Polverini, Biancofiore, Calabria – prevedono invece o che si applichi l’alternanza di un uomo-una donna, o che si riservi alle donne il 50% dei capilista, o nella versione più minimalista (e che appare più probabile da far digerire a tutti) il 40%. Ora, il problema che si pone è che il ministro delle riforme Maria Elena Boschi ha spiegato chiaramente alle emissarie dei partiti che le modifiche in questione non fanno parte dell’accordo, necessario è che siano Pd e Fi a dare l’ok. Cosa non facile, perché in Forza Italia, come ammette la Prestigiacomo, le resistenze sono fortissime. Altrimenti, è l’evoluzione logica del discorso della Boschi, il rischio è che il governo debba dare parere contrario. E l’imbarazzo nel Pd sarebbe massimo, a dover votare contro una norma voluta da gran parte del partito, e spesso sbandierata come un proprio cavallo di battaglia dallo stesso segretario Renzi, orgoglioso del suo governo per metà al femminile.
Ecco quindi che gli emendamenti sono stati per ora accantonati: si continua a trattare, sperando di trovare una mediazione accettabile per tutti. Tanto che, per arrivarci, ieri le più impegnate nella trattativa – Agostini, Fabbri e Pollastrini nel Pd; Prestigiacomo e Carfagna tra le berlusconiane – hanno pensato a una sorta di lettera aperta ai leader, per sensibilizzarli sul tema, «una cosa semplice che spieghi come c’è una responsabilità della politica nel trovare soluzione a questioni trasversali di civiltà che appartengono a tutti», spiega la Agostini, una lettera-appello che le forziste raccomandano non sia ideologica, ma molto di buonsenso, in modo che anche loro possano sottoscriverla. Tutte consapevoli però che c’è un’altra insidia sulla strada della parità di genere: il voto segreto. Possono chiederlo 30 deputati: e a quel punto sarebbe facile, per chi lo desidera, affondare gli emendamenti.