Su 18 ministeri una decina dovrebbero essere nella disponibilità del partito di Meloni. Ecco i nomi del braccio di ferro interno al centrodestra
La mossa della Lega, che chiede 5 ministeri (Interno, Infrastrutture, Turismo, Disabilità, Affari regionali), riapre i giochi nel centrodestra sulla spartizione dei posti. Se in tutto i dicasteri fossero 18 e se Forza Italia ne prendesse quattro questo significherebbe che Giorgia Meloni avrebbe per se stessa e il suo partito una decina di opzioni, compresi i tecnici di area a cui sta pensando.
Il fatto che la Lega reclami gli Interni non solo per le deleghe ma direttamente per Matteo Salvini — come affermano sia Giancarlo Giorgetti che Riccardo Molinari — potrebbe in realtà essere anche una richiesta tattica: chiedere gli Interni per Salvini per poi puntare su altro. In questa cornice i ministri papabili per la Lega potrebbero essere, oltre a Salvini, Gian Marco Centinaio (Agricoltura), Edoardo Rixi (Infrastrutture), Erika Stefani, che potrebbe tornare allo stesso incarico ricoperto nel primo governo Conte (Affari regionali).
Intanto Ignazio La Russa riporta su un binario meno polemico il tema della presenza di eventuali tecnici nell’esecutivo: «Sarà un numero piccolo o medio piccolo, certamente non grande». La Russa stesso è candidato a diventare presidente del Senato, ma nelle ultime ore sembra rafforzarsi la possibilità che Meloni conceda entrambe le Camere agli alleati: la presidenza di Montecitorio alla Lega, che la reclama, forse per Giancarlo Giorgetti, e quella di Palazzo Madama a FI, che potrebbe schierare Anna Maria Bernini.
La pattuglia di azzurri aspiranti al tavolo della presidenza del Consiglio resta più o meno invariata: oltre ad Antonio Tajani, che è sempre in corsa per un ministero di peso, gli Esteri o la Difesa, c’è Licia Ronzulli, già europarlamentare, Paolo Barelli e Alessandro Cattaneo. Se per Tajani è certo che si tratterà di uno dei ministeri chiave del governo, fra i cinque che vengono condivisi con il capo dello Stato, per gli altri le possibili deleghe sono ballerine e incrociano in alcuni casi (le Infrastrutture ad esempio, con Cattaneo) le aspirazioni degli alleati leghisti.
Sulla rappresentanza di Fratelli d’Italia l’unica certezza è il posto di Giorgia Meloni, per paradosso. Giovanbattista Fazzolari, braccio destro della leader, dovrebbe finire a Palazzo Chigi. Guido Crosetto potrebbe avere le deleghe del Mise, che potrebbero appesantirsi con il ritorno delle competenze del Commercio Estero dalla Farnesina e del digitale dall’Innovazione. Raffaele Fitto, che guida il gruppo dei Conservatori a Bruxelles, potrebbe essere il responsabile degli Affari europei. Daniela Santanchè potrebbe contendersi il Turismo con la Lega, mentre Adolfo Urso potrebbe andare alla Difesa o avere la delega di Palazzo Chigi per il controllo sugli apparati di sicurezza.
Per la Salute, come profili tecnici, circolano i nomi del medico Guido Rasi, già direttore dell’Ema, di Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa e di Andrea Mandelli (Fofi), che è anche deputato uscente di FI.
C’è anche il problema di non sguarnire la maggioranza al Senato, dove ha solo 15 parlamentari di vantaggio, chiamando troppi senatori al governo. Infine ci sarà una nutrita pattuglia di esponenti di FdI nei posti di sottogoverno, tutti provenienti dai dipartimenti del partito: Marcello Gemmato alla Sanità, Galeazzo Bignami al Mise, Gianluca Caramanna al Turismo, Andrea Delmastro Delle Vedove alla Giustizia.