Fonte: Corriere della Sera
di Beppe Severgnini
Il nuovo anno potrebbe invece essere l’inizio di qualcosa di nuovo, importante ed entusiasmante
La società aperta è timida. Davanti al malcontento diffuso, che i populisti di ogni colore sono pronti a sfruttare, propone minuscoli adattamenti, correttivi minimi, piccole riforme. Quando ci sarebbe bisogno di grandi trasformazioni, correzioni decise, riforme radicali. In un’epoca dominata dalla paura, la rassicurazione non basta: c’è bisogno di coraggio.
La società aperta è un capolavoro dell’umanità. Gli scambi di idee, di persone, di merci, di servizi. Lo Stato di diritto. La libertà di opinione e di informazione. La concorrenza. Anche chi, come questo giornale, crede fermamente in questi valori, ha forse sottovalutato la delusione e la frustrazione crescenti. E ora rischia di vedere crollare quello in cui ha investito. L’alternativa si chiama Trump, Farage, Le Pen, Salvini, Grillo: buoni per sfogare la frustrazione di oggi, non per preparare il mondo di domani.
La società aperta non è da buttare: resta uno splendido modello di convivenza umana. La società aperta si può aggiustare. Bisogna sapere quali strumenti usare, però. Talvolta basta il cacciavite, altre volte occorre la ruspa. L’ansia di una generazione incatenata al precariato non si elimina con i voucher. La perdita di posti di lavoro nell’industria non si risolve spiegando la globalizzazione. Il disagio delle periferie, alle prese con un’immigrazione povera e imprevedibile, non si affronta solo invocando pazienza e comprensione. Bisogna pensare meglio e osare di più. La società aperta che abita l’Occidente, in passato, è stata capace di farlo. Più volte.
The Economist, nel tradizionale numero doppio di Natale, ci ricorda come grandi cambiamenti tecnologici, industriali, economici e demografici siano avvenuti anche nel XIX e nel XX secolo, generando enormi tensioni sociali, in Europa e in America. Ogni volta la risposta conservatrice era rallentare il progresso (tentativo inutile); quella illiberale, affidarsi a un uomo forte che mettesse ordine (tentativo talvolta riuscito, ogni volta con effetti catastrofici). Quale fu la risposta liberale? Potere di scelta all’individuo, primato della legge, commerci e trattati. E riforme lungimiranti. Suffragio universale. Grandi opere. Previdenza sociale. Servizio sanitario nazionale. Istruzione primaria pubblica, obbligatoria e gratuita.
Si può discutere, oggi, in Italia, dell’opportunità del salario minimo: ma sarebbe una novità rivoluzionaria per due o tre milioni di lavoratori. Conosciamo l’assurdità provocatoria del labirinto fiscale, eppure nessun governo ha provato a introdurre un sistema nuovo e semplice. Sappiamo che il sistema giudiziario è lento e ostico, e abbiamo visto solo (poche) riforme marginali. Perché la formazione è riservata solo alla prima parte della vita? Non potrebbe diventare permanente, per tutti? Le possibilità sono molte: basta avere coraggio.
Donald Trump si insedia il 20 gennaio. Vladimir Putin è al suo posto, attivissimo e inamovibile. Se i governi europei non prendono iniziative orgogliose e coraggiose, le elezioni del 2017 (Francia, Germania, probabilmente Italia) vedranno il successo dei partiti che chiamiamo «anti-sistema» ma sono, nei fatti e nelle intenzioni, «anti-società aperta». Ce ne pentiremmo in fretta, è certo; ma, prima di liberarcene, passeranno anni e subiremo danni. Il compleanno dell’Europa unita — il 60° anniversario dei Trattati di Roma (25 marzo 1957) — rischia di diventare il suo funerale.
Non diamo per scontato ciò che abbiamo. Ma lavoriamo per migliorarlo, se vogliamo mantenerlo. «Fra le leggi misteriose della vita vi è quella che ci fa percepire sempre troppo tardi i valori essenziali: la gioventù quando svanisce, la salute appena ci abbandona, la libertà, questa essenza di massimo pregio della vita, solo nell’istante in cui sta per esserci o già ci fu tolta». Così scrisse l’austro-europeo Stefan Zweig, negli anni Trenta. La sua storia personale finì in tragedia. Quella del continente, in una guerra rovinosa. Non ci aspetta nulla del genere. Ma dobbiamo essere attenti e lungimiranti.
Il 2017 non è la data di scadenza dell’Occidente, come si augura qualcuno. Potrebbe invece essere l’inizio di qualcosa di nuovo, importante ed entusiasmante.